Tre grandi passioni, il teatro il cinema e l’amore per la gente che incontra che osserva per la strada, nei bar, in metro, ovunque. Tindaro Granata, in scena all’Elfo Puccini di Corso Buenos Aires a Milano in questi giorni dal 18 al 23 febbraio con il suo nuovo lavoro, intitolato“Invidiatemi come ho invidiato voi”, che ha debuttato al Festival delle Colline Torinesi nel 2013, il teatro ce l’ha nel sangue.
Ma non solo, in ogni poro della sua pelle, dalle punte dei piedi a quelle dei capelli, nelle molecole dell’aria che respira tutti i giorni. Il teatro nasce dalle parole scambiate con la gente in metro o in autobus, al bar o al ristorante, in fila alla posta o in banca. E da buon siciliano, è nato a Tindari in provincia di Messina trentaquattro anni fa, come per Pirandello il teatro è la vita e la vita è il teatro. E questa grande passione lo ha fatto diventare, così giovane, un attore e un autore considerato una vera e propria rivelazione del nostro teatro contemporaneo, al punto tale dall’ottenere, nel giro di pochissimo tempo, diversi premi e riconoscimenti sia da parte della critica che del pubblico come per esempio il premio Mariangela Melato 2013 come attore emergente, dopo il felice esito di Antropolaroid, applaudito come “una delle rivelazioni teatrali più interessanti” della stagione passata.
Granata, lei ha avuto un grande successo con lo spettacolo scritto da lei “Antropolaroid”, una sorta di monologo interiore, flusso di pensieri e materializzazione di personaggi che nascevano dal suo vissuto personale. In “Invidiatemi come io ho invidiato voi” si parla di un caso di pedofilia. Anche qui è partito da una esperienza personale?
No, in questo caso proprio no. Diciamo che la pedofilia è solo uno spunto, nato vedendo un giorno un processo in televisione e questa storia mi è servita per parlare, in modo più estremo, di un disagio che ormai ci riguarda tutti. Volevo parlare, usando il linguaggio teatrale, dell’infelicità, delle angosce della gente che incontro, del senso di inadeguatezza e di smarrimento che tutti noi stiamo attraversando in questo momento. Volevo fare uno spettacolo che parlasse dei nostri rapporti, delle relazioni tare le persone.
E’ vero che diversi dialoghi che compaiono nel testo da lei scritto, sono stati “rubati” alla gente per strada?
Sì è vero, ho ascoltato cosa dice la gente nella metro, ho rubato parole, conversazioni, dialoghi. Ho usato una modalità di scrittura molto diversa rispetto a quella usata nel mio primo lavoro “Antropolaroid”. In questo caso sono andato per accumulazione, ascoltando dialoghi tra le persone, per esempio nel testo di “Invidiatemi come ho invidiato voi”, compare quello da me ascoltato per strada mentre una signora raccontava ad una amica di avere portato alla nuora delle salsicce che lei considerava molto buone, ma che la nuora non aveva apprezzato. E quindi ho provato a mettermi nei panni nella nuora.
Possiamo dire che questo nuovo “Invidiatemi come io ho invidiato voi” è uno spettacolo al femminile?
Effettivamente sì, e per di più i due soli personaggi maschili, cioè quello che interpreto io e cioè il padre della bimba e quello del pedofilo interpretato da Paolo Li Volsi, sono negativi, sono dei perdenti. Diversamente i personaggi femminili, ovvero la madre, la sorella, la suocera e la vicina di casa interpretati da non lo sono. Anche nel mio primo spettacolo sono usciti fuori così. Molti mi hanno chiesto se ho avuto dei problemi in famiglia, ed invece non ho complessi, con le figure maschili della mia famiglia ho avuto un buon rapporto, soprattutto con mio padre. Non so perché nei testi che metto in scena mi vengono fuori così. Comunque questo testo l’ho scritto in undici giorni, anche se i personaggi li avevo in mente da più di un anno e mezzo.
Lei ha cominciato a recitare molto giovane? Chi considera tra i suoi maestri e la sua passione è nata andando al cinema o a teatro?
Ovviamente da piccolo andavo molto al cinema. Per esempio ancora adesso so a memoria tutte le battute sia di Mastroianni che della Loren in “Matrimonio all’italiana”. Non scherzo, ma penso di aver visto quel film almeno 60 volte. Poi ho amato tutti i film neorealisti, De Sica, poi Monicelli e poi più avanti Fellini. Gli attori molto Gian Maria Volontè e anche Gastone Moschin per esempio.
In teatro i miei maestri sono stati Massimo Ranieri, tra i registi Carmelo Rifici e Serena Senigallia che mi hanno insegnato come stare sul palco. Tra le attrici ho amato molto Abba Magnani e poi Elisabetta Pozzi e molte altre. In questi gironi sono all’Elfo Puccini e penso a quanto mi hanno potuto insegnare personaggi come Elio De Capitani e Ferdinando Bruni.
Un’ultima domanda, tutto questo successo così in poco tempo e così giovane. Non sarà per caso raccomandato?
Sì in effetti devo ammetterlo. Sono un raccomandato. Ma lo sa da chi? Dal pubblico, sono loro che mi raccomandano, perché mi amano poiché sono io a voler bene a loro. La cosa bella è che riesco a gestire i rapporti con loro, ci scriviamo mail, chattiamo su facebook, mi avvisano quando vengono a vedermi. E per me questo rapporto che ho creato con il pubblico è una grande raccomandazione. Il rapporto con gli spettatori è fondamentale. Lei non ci crederà ma io ogni sera quando sono a teatro. Guardo in faccia uno a uno ogni spettatore seduto in sala, mi rivolgo a ognuno di loro li spio, li riesco a vedere nel buio. E per me questa è una grande raccomandazione.
Teatro Elfo Puccini dal 18 al 23 febbraio
martedì sabato ore 21 domenica 16.30