Analizziamo il procedimento che ha portato all'assegnazione dei fondi extra-FUS per l'emergenza Covid-19, prendendo atto delle proteste di numerosi teatri e di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.
In questo articolo del 18 novembre, nel dare la notizia dell'assegnazione di € 14.000.000 come contributo "extra-FUS" a beneficio di alcuni teatri privati italiani, ci eravamo chiesti il motivo di un numero così scarso di teatri cui era stato erogato: 71 su circa 750 realtà presenti sul territorio italiano.
I requisiti per i contributi extra-FUS
Il nostro forte sospetto era subito caduto sui requisiti richiesti dal bando, che a prima vista apparivano particolarmente stringenti e fortemente selettivi; dopo un approfondimento, leggendo i documenti del procedimento pubblicati sul sito del MIBACT, ricostruiamo qui il percorso amministrativo che li ha generati:
Il D. D. 23/07/2020 aveva previsto un fondo emergenza per esercizi teatrali di 10 milioni, ed i requisiti richiesti erano:
- essere in regola con il versamento dei contributi previdenziali;
- avere almeno una sala di proprietà o in gestione con agibilità per lo spettacolo dal vivo con una capienza di almeno 300 posti;
- aver versato, nel 2019, contributi previdenziali non inferiori a mille giornate lavorative per ciascuna
sala con capienza compresa tra 300 e 600 posti e non inferiori a milletrecento giornate lavorative per
ciascuna sala con capienza superiore ai 600 posti; - aver ospitato, nel 2019 rappresentazioni di spettacolo dal vivo (teatro, musica, danza o circo) attestate
da distinte di incasso e da reversali SIAE intestate al soggetto richiedente per un numero minimo di
sessanta per ciascuna sala con capienza compresa tra 300 e 600 posti e di ottanta per ciascuna sala con
capienza superiore ai 600.
Il contributo corrispondeva al 20% dei mancati incassi di marzo, aprile e maggio 2019 rispetto agli stessi mesi del 2020, con massimali di 25.000€ per teatri fino a 600 posti e 50.000€ per teatri con capienza superiore a 600 posti.
Si calcola che i beneficiari in tal modo sarebbero stati ben pochi (circa trenta), e pertanto la platea viene estesa con un nuovo bando, modificando il precedente con il D. D. 18/09/20 ed ammettendo anche i Teatri da 100 a 299 posti aumentando anche i massimali, oltre dichiarare di aver ospitato nel 2019 un certo numero rappresentazioni di spettacolo dal vivo (teatro, musica, danza o circo) attestate da distinte di incasso e da reversali SIAE, mantenendo il riconoscimento del contributi fino a un massimo del 20% dei mancati incassi e togliendo il vincolo del FUS 2019. Questi i nuovi parametri:
- non più di 30.000€ per ciascuna sala nel caso di sale con capienza compresa tra 100 e 299 posti, avendo versato nel 2019 contributi previdenziali non inferiori a 300 giornate lavorative e messo in scena almeno 30 rappresentazioni teatrali;
- non più di 60.000€ per ciascuna sala nel caso di sale con capienza compresa tra 300 e 600 posti, avendo versato nel 2019 contributi previdenziali non inferiori a 1.000 giornate lavorative e messo in scena almeno 60 rappresentazioni teatrali;
- non più di 100.000€ per ciascuna sala nel caso di sale con capienza superiore ai 600 posti, avendo versato nel 2019 contributi previdenziali non inferiori a 1.300 giornate lavorative e messo in scena almeno 80 rappresentazioni teatrali.
Il risultato è che i teatri con i requisiti per partecipare al bando diventano 71 (ovvero i beneficiari che abbiamo elencato qui), e fra questi ci sono anche quelli che avevano già beneficiato del FUS, cosa impossibile con il primo decreto che aveva fissato il massimale a 50.000€, dal momento che per i teatri già percettori del FUS il contributo sarebbe stato pari alla differenza tra i massimali (nel primo decreto 50.000€) e il FUS stesso.
Infine, con il D. M. 16 ottobre 2020, quindi successivamente all'emanazione del bando e in regime di procedimento ancora in corso, viene ampliato il fondo da 10 a 14 milioni (quindi in favore solo di chi possedeva i requisiti del bando emanato) e il contributo sale dal 20% al 100% del mancato fatturato; oltre a ciò, vengono anche alzati ulteriormente i massimali: fino a 200.000€ per i teatri fino a 299 posti, fino a 400.000€ per i teatri fino a 600 posti e fino a 800.000€ per i teatri dai 600 posti in su.
Una questione di scelte. Ma quali?
Entrando nel merito, siamo dell'idea che i requisiti richiesti dal MIBACT potevano e dovevano essere pensati con un riguardo maggiore per una diffusione più ampia della platea di beneficiari, in modo da sorreggere molti, molti più teatri rispetto ai 71 finali.
Anzitutto, non è difficile osservare che tali requisiti risultano essere sproporzionati in favore dei teatri delle grandi città, dal momento che un teatro di provincia, ad esempio, non riuscirà mai a organizzare lo stesso numero di spettacoli a causa del bacino d’utenza molto inferiore.
In merito alle "giornate lavorative" richieste dal bando, ricordiamo che un teatro privato, e non di Produzione, è una struttura che esercita in modo esclusivo attività di programmazione e quindi “compra” spettacoli, affitta la sala alle Compagnie o stupila contratti a percentuale con le Produzioni. Poiché sono queste ultime a pagare i contributi dei loro artisti e tecnici, il teatro deve solo garantire il presidio di personale al botteghino e in sala, variabile secondo l'affluenza del pubblico. Per poter svolgere la propria attività, insomma, non necessita di personale fisso, e di conseguenza di un numero elevato di giornate lavorative. Anche questo parametro quindi favorisce molto pesantemente un teatro grande rispetto ad uno medio o piccolo.
Rimanendo all'interno del calcolo delle giornate lavorative, rileviamo anche una possibile sproporzione con particolare riguardo alle soglie scelte, nel momento in cui, ad esempio, fra un teatro di 299 e uno di 300 posti il requisito (per un solo posto in più) sale da 300 a ben 1.000 giornate lavorative.
Ci chiediamo quindi se non sarebbe stato più equo supportare maggiormente gli esercizi teatrali che producono spettacoli e che in prevalenza non siano già beneficiari del FUS: anziché aumentare col Decreto di ottobre il fondo da 10 a 14 milioni, elevando persino i massimali a 800.000€ (quindi solo in favore dei teatri già ammessi dal bando), non si poteva prevedere invece una diversa modulazione o destinazione, per allargare la platea anziché per incrementare i benefici in favore dei pochi già ammessi?
Una questione di scelte, si dirà. Certo, senza dubbio una questione di scelte, e quindi di politica di settore e di confronto fra le parti. Quello che meraviglia oggi però, nel percepire intorno a noi un chiaro e diffuso malcontento da parte di molti teatri rimasti esclusi, è l'osservare un procedimento così delineato e anche complesso, svolto alla luce del sole, che arriva al suo compimento senza aver trovato una opposizione esplicita.
Ma noi siamo soltanto osservatori.
C'è da chiedersi invece perché, coloro che avevano il legittimo interesse all'interno del procedimento, non abbiano pensato ad opporsi prima, mentre si sollevano gli scudi soltanto adesso, dopo la conclusione delle fasi dell'assegnazione dei fondi (con un risultato del tutto scontato visti i presupposti), fino alla notizia di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. O forse si è tentato di dialogare politicamente ma non si è ottenuto risposta? O forse soltanto alcuni, hanno ottenuto qualche risposta?
L'impressione infatti è che anziché agire in maniera concorde per l'unica causa dello Spettacolo e dei suoi lavoratori, si sia persa l'ennesima occasione di costruire un fronte comune.
Oggi i proponenti del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica sono Michele Montemagno (Direttore del Teatro Ciak di Roma), Nanni Venditti (Direttore del Teatro Parioli di Roma) e Gianluca Cassandra (Direttore del Teatro Moderno di Latina): pubblichiamo qui sotto il comunicato con cui è stata annunciata l'iniziativa.
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GENEROSI RISTORI A FONDO PERDUTO FINO A 800MILA EURO SOLO PER 70 TEATRI
E’ stato depositato venerdì 20 novembre il Ricorso Straordinario al Presidente della Repubblica da alcuni Teatri privati per dare il via ad un’azione legale contro il Ministero dei Beni Culturali.
La reazione nasce dopo che il Ministero guidato da Dario Franceschini ha erogato nei giorni scorsi ben 14 milioni di euro dividendoli soltanto fra 70 teatri, ed escludendo il 90% degli esercizi teatrali privati attivi in tutta Italia. E’ di lunedì 17 novembre 2020, la pubblicazione delle assegnazioni sul sito del Mibact.
Il ricorso va contro quello che appare come un aiuto di Stato rivolto a solo 70 esercizi teatrali, per lo più già beneficiari del Fus, e che minaccia in modo devastante il mercato teatrale, introducendo il tema di concorrenza sleale tra teatri di serie A, che riceveranno aiuti fino a 800mila euro e Teatri di serie B che hanno avuto solo 10mila euro per 9 mesi di chiusura.
A fronte di una chiusura orizzontale, che vede tutti i teatri privati chiusi dal marzo scorso e a parità di recite effettuate e spesso di fatturato, hanno potuto accedere a questo contributo solo coloro che avevano un certo numero di dipendenti a busta paga per un totale di 1000 giornate lavorative.
“È come se il Ministro Gualtieri avesse dato il ristoro a fondo perduto solo ai bar che potessero dimostrare di aver avuto nel 2019 almeno 5 dipendenti con buste paga”, è la denuncia dei Teatri esclusi.
I Teatri privati italiani che non hanno potuto fare la domanda, non possedendo il requisito delle giornate lavorative, sono quindi invitati a scrivere alla mail [email protected], così da costituire una class action che, oltre al ricorso depositato, possa agire unanimemente per ottenere l’estensione di questo fondo emergenziale a beneficio di tutti i teatri che esercitano in modo professionale e continuativo la gestione di sale teatrali.