I Massive Attack tornano, dopo otto anni, all'Arena Flegrea di Napoli per un concerto che lascia il segno.
Dopo la deludente data di Milano (breve e priva dei classici) e la scandalosa performance di Firenze (anche essa breve, priva dei classici e con Robert Del Naja privo di voce costretto ad interrompe l’esecuzione di Inertia Creeps), i Massive Attack ritornano all’Arena Flegrea di Napoli, dopo il sold-out ottenuto otto anni orsono al Neapolis Festival 2008, consci di non poter fallire. Non solo per ovvi motivi di dignità professionale ed amor proprio ma soprattutto perché la città di Napoli ha assunto per loro, nel tempo e per diverse ragioni, lo status di seconda casa. Oltre alle origini torresi del padre di De Naja, che lega quest’ultimo alla passione per il calcio partenopeo, la musica del collettivo di Bristol si fuse materialmente con quella partenopea quando nel 1994 incontrarono gli Almamegretta e finirono ai quartieri Spagnoli, a tavola con gli zii di Raiz, per Passengers, il programma prodotto da MTV.
Dinanzi ad una platea stracolma, lo show dei MA ha saputo riscattare, sin dal primo brano, tutta la loro potenza espressiva, regalando, per mezzo del loro dirompente groove, attimi di puro lirismo soul. Brani che non risentono del passare del tempo poiché sovrani di un universo artistico da sempre scevro delle squallide astuzie produttive pronte a seguire le sonorità in voga.
Un concerto che, così come nella scelta estetica degli ultimi decenni, si è distinto per la scenografia realizzata dalle composizioni grafiche dell’artista Icarus Wilson-Wright componente del collettivo United Visual Artists. Ma l’alternarsi ipnotico delle bandiere dell’Europa Unita, i messaggi testuali no-sense o politically correct, così come i riferimenti al caso Regeni, le gigantografie di profughi siriani ed i tanti Je suis (Parigi, Kabul, etc.) atti a primuovere la fratellanza tra i popoli contro la paura del Terrore, lasciano pensare che, pur non mancando la spettacolarità e restando encomiabile l’impegno sociale del gruppo, questa tipologia di perfomance visuale è datata, nel contenuto sommaria e superata, ad esempio, dalla loro stessa scenografia presentata a Napoli nel 2003 per il 100th Window Tour.
Ma a differenza di quanto detto sopra, la musica dei Massive Attack non sa deludere e se Daddy G, ci introduce nel cupo universo di Risingson, il coriaceo Horace Andy colpisce a fondo con Hymn of the Big Wheel, Girl I Love You ed Angel. Quasi inutile sottolineare le incredibili capacità, dei soci Del Naja/Daddy G e dei cinque componenti della band, nel saper far lievitare i brani in complessi sonori in permanente equilibrio dinamico, così come dimostrato in Future Proof, Eurochild, Pray for Rain (con Azekel anche in Ritual Spirit), Inertia Creeps ed in Take It There.
Giunge dunque il tempo dei bis e, tra un paio di battute sulle sorti calcistiche della squadra partenopea tanto cara a Robert Del Naja, Raiz degli Almamegretta (già presente sul palco come band di supporto) sale in scena per una piacevole versione di Karmacoma in duetto con The Napoli Trip. Ma ciò che davvero toglie il fiato è la soavità della voce di Deborah Miller che esplode in tutta la sua potenza nella bellezza dei classici Safe From Harm e, quale giusto finale di un concerto che lascia il segno, in Unfinished Symphathy.