Teatro

PARADOX: la danza degli opposti

PARADOX: la danza degli opposti

La sezione danza della XIV edizione del Gender Bender Festival è stata aperta dal trittico firmato da Itamar Serussi Sahar e Paolo Mangiola e prodotto dal Balletto di Roma, prima produzione di un rinnovato percorso di ricerca coreografica portato avanti dal nuovo direttore artistico Roberto Casarotto.

Apre la sezione danza della quattordicesima edizione del Gender Bender Festival, Paradox, trittico firmato da due autori di primo piano, Itamar Serussi Sahar e Paolo Mangiola, protagonisti di questa prima creazione di un rinnovato percorso di ricerca coreografica portato avanti dal nuovo direttore artistico del Balletto di Roma, Roberto Casarotto, che si focalizza sul maschile e sul femminile tra le consuetudini e i paradossi.
Paradox è una nuova tappa nella ricerca coreografica dedicata all'indagine del concetto di "genere” sviluppata da parte di due coreografi: Itamar Serussi Sahar, danzatore di origine israeliana della Batsheva Dance Company e resident coreographer di Scapino Ballet, e Paolo Mangiola, autore per Royal Ballet e Wayne McGregor | Random Dance e coreografo associato del Balletto di Roma. Provenienti da percorsi formativi differenti, Serussi e Mangiola scelgono di esplorare i toni, gli umori, le storie e gli esiti di un universo diviso in due, immerso in un ideale stato di separazione dei generi.

Paradox si compone di un trittico, nel quale i generi maschile e femminile appaiono provocatoriamente separati. La creazione si apre con Shyco, coreografia di Itamar Serussi, su musiche originali di Richard van Kruysdijk: un assolo che esplora, in una dimensione prettamente maschile, alcuni aspetti dell’animo umano. Serussi tenta di l’evoluzione nel corpo e nella mente di un giovane uomo verso la conquista della maturità e della sua identità, in costante equilibrio tra forza e fragilità: una sorta di viaggio nelle emozioni, nella vulnerabilità e nella forza di un giovane uomo, alla ricerca della consapevolezza. Il ritmo genera ripetitività e, al tempo stesso vorrebbe generare intensità – sebbene non sempre ci riesca, mentre la pulizia del movimento e la padronanza del corpo è un tentativo di rimandare alla precisione organizzativa, caratteristica prettamente maschile, la cui presenza scenica vorrebbe evocare la forza fisica e la fermezza morale di uomo tutto d’un pezzo.

Segue Fem, coreografia di Paolo Mangiola, con musiche di Erik Satie e Anna Meredith. In questa creazione Mangiola continua la sua indagine sul tema della ‘rappresentazione’ nel mondo contemporaneo: in scena cinque danzatrici che si mostrano senza filtri allo spettatore, rinunciando a cornici drammaturgiche definite, in un dialogo tra corpi e memorie ai confini di una femminilità indotta; il coreografo esplora i codici e i riti del balletto accademico, offrendo idealmente al pubblico una riflessione sullo stereotipo della femminilità costruita dalla prospettiva maschile. Una composizione in cui la guida coreografica cerca di accordarsi con l’autonomia e la consapevolezza delle singole performer, che dovrebbero diventare parti attive e complementari della partitura, ma non necessariamente ci riescono. Lo spettacolo è fortemente ambiguo e la sua semplicità non è chiaro se si possa attribuire a una ipotetica “banalità” della coreografia o a un’estrema bravura delle danzatrici tale da rendere semplice la complessità della performance.

Conclude il trittico Tefer, coreografia di Itamar Serussi con musiche di Richard van Kruysdijk: torna in scena la componente maschile, ma a differenza di Shyco i danzatori sono sei. Serussi  propone appunto uno studio sui gesti e sul corpo dell'uomo, che svela i contrasti di una mascolinità inattesa: i sei danzatori interpretano – non senza ironia – una danza guerriera, che a poco a poco lascia emergere le singole fisionomie e la loro mascolinità piena di contrasti. Questa sorta di parodica danza guerriera cerca di rompere gli spazi e scomporre i contatti, lasciando che siano i corpi ad aprire varchi di comunicazioni interrotte: si sofferma sull’esposizione delle virilità, con l’intento di scoprire ed esplorare pudori di sensibilità rimosse. In Tefer la componente musicale torna ad essere ritmata e incalzante, i corpi provano ad essere strumenti che a loro volta assecondano e compongono la melodia - come anche in Fem, la sincronia amplifica i movimenti più piccoli, cercando di coinvolgere il pubblico.

In Paradox uomo e donna danzano sullo stesso palcoscenico ma mai insieme, come a non volersi confondere o mescolare tra loro, quasi a voler sottolineare al pubblico le proprie differenti sfumature e intensità. Paradox cerca di osservare ed esplorare la contemporaneità attraverso il linguaggio della danza.
Lo spettacolo nel complesso forse tende a restare un po’ troppo chiuso in se stesso, ad essere quasi autoreferenziale: il pubblico non riesce mai a entrare totalmente dentro la verità scenica, restando con molte domande e non risolti. Forse, però la danza contemporanea più che dare risposte, vuole indagare le domande, in una continua ricerca e sperimentazione.