Teatro

PARIGI, CAVALLERIA RUSTICANA E PAGLIACCI

PARIGI, CAVALLERIA RUSTICANA E PAGLIACCI

Parigi, Opéra Bastille, Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni e Pagliacci di Ruggero Leoncavallo

Il TRIONFO DEL BIANCO E NERO

Cavalleria Rusticana e Pagliacci sono due opere molto diverse fra loro, sebbene ormai la consuetudine le voglia rappresentate come un dittico puntando l’accento sull’appartenenza di entrambe al filone verista. Ben ha fatto dunque il regista Giancarlo del Monaco a slegare completamente i due drammi da un punto di vista strettamente scenico, ma proprio in quest’ottica, ci è parsa discutibile l’idea di far precedere la rappresentazione di Cavalleria dal Prologo di Pagliacci, quasi a sottolineare un’unità d’insieme che di fatto non esiste.


L’opera di Mascagni è ambientata in modo molto suggestivo in una cava di marmo, ove il bianco quasi accecante dei grandi blocchi di pietra contrasta col nero delle vesti indossate da tutti i personaggi, vesti semplici, serie, lineari, ad eccezione di quelle di Lola che appaiono ricamate e più ricercate. La regia sembra insistere molto su una certa “meridionalità” del modo di intendere religione e sentimenti dei personaggi, arrivando però ad alcune forzature come quella di far comparire in scena, durante il giorno di Pasqua, una processione di battenti e flagellanti incappucciati tipica del Venerdì Santo.


Davvero splendide le voci: Violetta Urmana è una Santuzza dolente, dotata di grande presenza scenica e di una gestualità enfatica che ben collima con le scelte registiche; la voce è potente, rotonda, ben modulata. Marcello Giordani nei panni di Turiddu ha acuti squillanti e prolungati, un timbro bello e corposo e sa dosare bene volume ed espressività. Insieme a loro Frank Ferrari nelle vesti di un Alfio corretto, anche se forse non strabiliante, Nicole Piccolomini in quelle di una Lola altera e supponente, ma dalla voce limpida e ben modulata, Stefania Toczyska in quelle di una granitica Lucia dal bel timbro scuro.


Ben diversa, come si è detto, l’ambientazione di Pagliacci. Questa volta siamo negli anni Sessanta e il camioncino della compagnia è attorniato da tre gigantografie che ritraggono Anita Ekberg nella celebre scena della fontana tratta da La dolce vita di Fellini. Sottile, ma molto intelligente e ricercato, ci è parso il collegamento con l’opera precedente operato dal regista proprio attraverso il bianco e nero della pellicola del film che richiama quello dei colori della cava.


Straordinaria per capacità attoriali e intensità interpretativa la Nedda, moderna, decisa, con indosso un paio di pantaloni grigi, di Brigitta Kele che si distingue anche per l’ottima proiezione della voce. Potentissimo lo strumento di Vladimr Galouzine nei panni di Canio, piacevole e ricco di colori il timbro. Con loro il ben delineato Tonio di Sergey Murzalev che ha spiccato nell’esecuzione del Prologo, l’adeguato Beppe di Florian Laconi e il Silvio di Tassis Christoyannis che mostra qualche velatura nella voce.


Il maestro Daniel Oren ha magistralmente diretto l’orchestra dell’Opéra National de Paris, sottolineando bene ogni passaggio, evidenziando con cura i momenti lirici e quelli drammatici, in perfetta sintonia col palcoscenico, senza mai cadere nel patetismo eccessivo. Buona la prestazione del coro dell'Opéra.


Teatro stracolmo, pubblico letteralmente entusiasta che, soprattutto al termine di Pagliacci, si è profuso in una infinita serie di applausi.

 

Visto a Parigi, Opéra Bastille, l’11 maggio 2012