Teatro

Speciale Fringe 2013

Speciale Fringe 2013

The Oyster Boy

The Oyster Boy è una commedia liberamente tratta dalla poesia in rima (e non racconto breve come detto nelle note di regia) The Melancholy Death of Oyster Boy di  Tim Burton incentrato sulla nascita di un bambino con la testa a forma d’ostrica.

Questo racconto tra il macabro e il dark fa parte della raccolta The Melancholy Death of Oyster Boy & Other Stories dove compare assieme a poesie più brevi che parlano di bambini con dei chiodi negli occhi o di fiammiferi e stecchi che si innamorano e prendono fuoco, letteralmente.

Questa poesia è stata trasposta in maniera intelligente dalla neonata compagnia haste formata da giovani donne di diversa nazionalità (quattro ragazze inglesi e due italiane) conosciutesi durante un master in teatro fisico a Londra, spostando il tono originale crudele e dissacratorio in uno più ironico e parodisticamente buonista.

Narrazione fisica, musica dal vivo, clownerie e teatro di figura caratterizzano il lavoro witty di queste sei donne che sanno riproporre con un semplice lenzuolo e qualche sagoma da animare il mare e i suoi pesci, rivisitando l'immaginario anglofono sull'Italia del bel canto, mentre racconta dell'innamoramento tra un venditore di gelati di Capri (interpretato da una donna) e una turista inglese. Tra vicine diffidenti, madri discriminanti, un dottore che teme di perdere la fama di risolvitore di casi difficili, lo spettacolo si sofferma di più sulle caratterizzazioni dei personaggi secondari (il dottore sopratutto sul quale lo spettacolo insiste troppo dedicandogli  una parte spropositata dei suo 40 minuti di durata) e poco sul bambino-ostrica teneramente animato a vista dalle performer davvero versatili.

Il finale si discosta notevolmente da quello originale. Mentre in Burton il bambino viene mangiato dal padre, impiegato come afrodisiaco per risolvere i suoi problemi di impotenza (in una chiara metafora di come la società affronta le devianze) qui muore di una non meglio specificata morte naturale (o viene invece affogato?) morte che arriva come un  improvviso quanto comodo deux ex machina per togliere dall'imbarazzo dottore e genitori, restituito al mare al quale appartiene mentre in Burton il mare cancella con una sola onda il simulacro fatto in sua memoria...

Acerbo e drammaturgicamente irrisolto soprattutto nel finale sin troppo edulcorato e appannato rispetto quello originale, dove il senso generale del racconto si perde un po' nelle pieghe di una drammaturgia più attenta alla performatività che alla denuncia contro le discriminazioni della diversità che Burton fa con compiaciuta crudeltà, The Oyster Boy sul versante perforrmativo rimane godibile e degno di considerazione per l'arguzia con cui racconta la sua storia e la particolare alchimia tra lingue e culture differenti - la flemma inglese e  l'italica arte di arrangiarsi  - rielaborando un immaginario collettivo che sa contaminare un certo gusto fin de siècle con certo cinema anni cinquanta.