Lo spettacolo di Enia è un racconto schietto, onesto e sincero, mosso da una profonda urgenza e da un intimo bisogno di raccontare una tragedia attuale, quella degli sbarchi dei migranti.
Torna in scena dopo undici anni, l’attore, drammaturgo e regista palermitano Davide Enia, con il nuovo lavoro L’abisso, tratto dal suo romanzo – scritto in presa diretta da Lampedusa – “Appunti per un naufragio”.
Lo spettacolo di Enia è un racconto schietto, onesto e sincero, mosso da una profonda urgenza e da un intimo bisogno di raccontare una tragedia attuale, quella degli sbarchi dei migranti e di chi alla terra approda solo da morto, filtrata attraverso l’esperienza personale e di vita dell’autore.
Lampedusa: un naufragio personale e collettivo
Dopo anni trascorsi a Lampedusa a raccogliere testimonianze dirette, l’autore palermitano mette in scena uno spettacolo per cercare di affrontare la difficoltà di raccontare il presente, di trovare le parole per fronteggiare la dolorosa e cruda realtà degli sbarchi e degli annegamenti nel Mediterraneo - che a Lampedusa rappresentano la quotidianità.
L’abisso del titolo, di fatto, evoca una duplice voragine: quella del Mediterraneo, che letteralmente ingoia i migranti e quella intima, privata e interiore di un uomo: i due naufragi, quello personale e quello collettivo, procedono parallelamente, a volte incrociandosi, a volte sfiorandosi appena, legati indissolubilmente l’uno all’altro.
Una partitura scenica di forte impatto emotivo
Una scena volutamente scarna e minimalista, popolata da solo due figure: l’autore e interprete, Davide Enia e Giulio Barocchieri, il bravissimo chitarrista palermitano, che ha composto le musiche dello spettacolo e che con precisione e passione le esegue dal vivo.
In scena la presenza di Enia è forte e potente, ma allo stesso tempo discreta, i suoi movimenti sono misurati, pochi i gesti, ma netti e precisi: una partitura scenica semplice e di forte impatto emotivo, che cattura gli spettatori sin dal primo minuto. Enia si muove parallelamente su registri stilistici differenti, passando abilmente dal dialetto stretto alle litanie dei pescatori, dal flusso potente e incontenibile di parole ai silenzi e respiri dettati dalle forti emozioni vissute; nello spettacolo si alternano frammenti sussurrati e “cunti” a più voci, come se si prendesse parte a un rituale sacro e primordiale, una poesia arcaica, che in sé racchiude e traduce istinti e sentimenti ancestrali.
Nello spettacolo aspetti ed eventi della vita dell’autore si intrecciano con le vicende di cui è testimone a Lampedusa, il dolore privato e il dolore collettivo procedono insieme, si nutrono l’uno dell’altro, si fanno forza reciprocamente.
L’autore come un moderno Enea approda sull’isola accompagnato dal padre, una figura silenziosa, di poche parole, ma con molte cose da dire: un viaggio alla riscoperta del rapporto tra padre e figlio, per ritrovarsi e rinnovare un legame unico, speciale e profondo.
Dare dignità alla morte e onorare la vita
Ogni singola parola pronunciata da Enia, come ogni singola parola taciuta prende vita, anima e corpo in scena: si fa carne e sangue.
Tradurre con sensibilità e rispetto un dolore così intimo, profondo e radicato, un senso di smarrimento così forte e tangibile non è facile, l’autore siciliano ci riesce con naturalezza e grazia: ha la rara capacità di riuscire a dare dignità alla morte e onorare la vita.
L’abisso è uno spettacolo ironico, doloroso e commuovente, Enia è un artista in grado di toccare le corde più intime dell’animo umano e di farle vibrare: ci conduce per mano dentro la storia, rendendoci testimoni partecipi e commossi. Parafrasando Laurence Olivier, il realismo di Enia è in grado di “trasportare la realtà nell'arte; non solo accettare le vicende della vita ma elevarle".