Avere qualcosa da dire, averne l'urgenza ed essere in grado esprimerlo in maniera originale ed efficace: questo il primo pensiero al termine dell'ultima creazione di Licia Lanera.
In questo lavoro l'autrice pugliese esplora il mondo di Pier Vittorio Tondelli affrontando la sua opera prima Altri libertini, romanzo pubblicato nel 1980 che si affermò come manifesto di un’intera generazione, rendendo l’autore tra le figure più significative della letteratura contemporanea. Tondelli, scrittore di rara sensibilità, ha saputo interpretare le inquietudini della gioventù degli anni ’70 raccontandone la ribellione, il desiderio di evasione e la ricerca di sé stessi.
È la prima volta che viene messo in scena il libro d'esordio dell’autore di Correggio, un romanzo a episodi dedicato agli spiantati, agli incompresi, a chi si è perso, a coloro che girano "da soli fino al mattino, pieni di alcol": gli "Altri libertini" sono infatti alcolisti e tossicodipendenti, personaggi che minacciano il decoro della città, giovani che vivono ai margini della società e che non riescono a vivere il proprio tempo, gli esclusi.
“Parlare dell’animo umano implica parlare di te”
In scena accanto alla Lanera tre intensi interpreti maschili, Giandomenico Cupaiuolo, Danilo Giuva e Roberto Magnani, con cui c'è profonda intesa e alchimia.
Altri libertini è composto da sei racconti - un “romanzo a episodi” lo definiva Tondelli, ma la regista ha scelto di lavorare su tre: “Viaggio”, “Altri libertini”e “Autobahn”, che si intrecciano con il privato e l’intimo della compagnia creando un’unica narrazione, un unico testo per una messa in scena a quattro corpi e quattro voci.
Brevi aneddoti biografici degli attori e della regista si mescolano alla narrazione, al vissuto dei personaggi di Tondelli: la drammaturgia intreccia, sovrappone, mostrando come i diversi personaggi, separati nelle tre storie, siano in realtà figure di uno stesso romanzo, compagni di uno stesso malessere e disagio.
Il testo è graffiante, spudorato e commovente, il linguaggio è sperimentale, crudo, diretto e a tratti poetico - in un certo senso Tondelli ha precorso i tempi nell’esibire in maniera così sfrontata la sfera intima e privata.
Tondelli è una figura profondamente immersa nel contemporaneo perché, nel raccontare alcune vicende e dinamiche, indaga l’essere umano e scavando in profondità il contesto intorno si perde, passa in secondo piano e si arriva all’essenza dell’essere: “parlare dell’animo umano implica parlare di te, a te, in qualunque epoca ti trovi” - afferma Licia Lanera.
Lanera dialoga con Tondelli
Licia Lanera, una delle artiste più interessanti della scena italiana contemporanea - tra le poche donne ad aver ottenuto il premio UBU alla regia, ha affrontato l'iconico e controverso testo di Tondelli con rispetto e schiettezza: ha scelto di dialogarci, non di spiegarcelo o di rappresentarlo, ma di attraversarlo.
Un lavoro senza sbavature, a tratti brutale ma profondamente onesto, che pone interrogativi e si apre a discussioni e riflessioni: è servito davvero rifiutare una certa idea capitalista di famiglia e società? Ciò che siamo oggi è il risultato di una scelta politica consapevole o la “semplice” accettazione di un fallimento? Abbiamo mai avuta una vera alternativa?
Di fatto Lanera si fa portavoce della generazione degli Anni ’80, sua e di Tondelli: il lavoro rifugge dalla rappresentazione, gli attori si appropriano di quelle parole cercando una loro verità, e alla fine Pier Vittorio Tondelli non esiste più se non nei loro corpi, nella loro voce, nei loro sguardi e nelle loro biografie.
La regista afferma “Siamo qui a memento della storia. Siamo qui a raccontare le miserie di una generazione che si perpetua sempre uguale da almeno quarant’anni”.
“Ogni vita è un esperimento e se non si cade almeno una volta, non si può dire di aver vissuto veramente”. (P. V. Tondelli)