Entrando al Libero, particolarissimo teatro posto all’ultimo piano di una palazzina nel centro di Milano, ci si attende sempre qualcosa di speciale, forse anche un po’ per abitudine.
Ed anche questa volta l’aspettativa viene ripagata.
Il palco è piacevolmente vuoto, scuro ed illuminato da una fioca luce azzurra, mentre del fumo bianco sale da dietro. Un’allegra, canticchiante, passeggiatrice in intimo bianco e con ombrellino trasparente cammina nervosamente in lungo e in largo. E’ l’interpretazione di una prostituta straniera in una piovosa notte: Corinna.
E’ in scena “1989 – Crolli (ovvero del disorientamento)” di Serena Sinigaglia. Ultimo capitolo della trilogia “Incontri con epoche straordinarie” sulla quale la trentatreenne regista ha lavorato per dieci anni. Se per inscenare la prima parte “1943 – Come un cammello in una grondaia (ovvero del coraggio)” aveva utilizzato il volume "Lettere dei condannati a morte della Resistenza" edito da Einaudi e per il secondo capitolo “1968 (ovvero dell’incanto)” aveva ripreso fedelmente parole da volantini, discorsi e documenti ufficiali dell’epoca, questa ultima parte è presenta un testo originale, pur ispirandosi a documenti di L. Campagnano, Saint-Exupéry, H. Blandiana ed altri.
Corinna, improvvisata psicanalista, prova ad aiutare un ragazzo in evidente stato confusionale. Questi racconta di essersi sentito male al supermercato, vittima di una crisi, in una delle più classiche azioni quotidiane. Questo è l’inizio per un più profondo viaggio, alla ricerca della conoscenza, della verità e di sé stessi, ripercorrendo un importantissimo momento storico: il 1989.
Segue la ricostruzione degli avvenimenti riconducibili a quell’anno: la caduta del muro di Berlino, Tiananmen, Timisoara e tutto il seguente domino di effetti, soffermandosi ad approfondire, però, il caso della Romania nel particolare relativo alla fine di Ceausescu.
Attraverso alcune domande come 'Quindi secondo voi la democrazia non è un regime?' oppure 'Al giorno d’oggi qual è il condizionamento maggiore?' o affermazioni quali 'Il potere tende sempre a salvarsi!' e 'Tutto deve cambiare così tutto resta uguale' presto la rappresentazione evidenzia la sfiducia della gente comune verso l’informazione e il potere.
Affermando giustamente che un’informazione quantitativa non sia per forza qualitativa, denuncia la cancellazione della memoria e l’impossibilità del cambiamento.
Il corollario risolutivo sta nell’’assumersi le responsabilità delle proprie azioni e del nostro essere, ricercando verità e conoscenza.
Infine lo spettacolo si conclude con il tributo ad Anna Politkovskaja e con l’invettiva a Putin.
Il lavoro della Sinigaglia è nel complesso lodevole e di buona fattura: proponendo il punto di vista della regista può essere condiviso o meno, in ogni caso, intrinseco all’opera, resta il potere della riflessione. Infine, rappresenta anche un piccolo approfondimento culturale su alcuni avvenimenti della storia moderna.
Ottima la scelta della regista di affidarsi ad un cast di attori affiatato (“Le Troiane”) con l’innesto dell’ottima attrice argentina Marcela Serli. Proprio la performance di quest’ultima è il valore aggiunto della rappresentazione: in un toccante breve monologo sembra guardare uno ad uno negli occhi gli spettatori, sino a piangere e a spogliarsi quasi a sostenere così la nuda verità delle sue parole.
Ed ancora una volta sono gli applausi finali della platea ad essere l’unico giusto commento per una meritevole rappresentazione.
Milano, Teatro Libero, 07/02/2009
Visto il
al
Sociale Villani
di Biella
(BI)