Il Massimo di Palermo propone A midsummer night’s dream (1960) di Benjamin Britten nel riuscitissimo allestimento creato nel 2016 da Paul Curran per il Palau de les Arts Reina Sofía di Valencia e ripreso per l’occasione da Allex Aguilera Cabrera.
Paesaggio greco con figure
L’alzarsi del sipario offre alla vista le rovine di un tempio greco (il santuario di Atena Pronaia a Delfi?) che si stagliano sullo sfondo di un cielo blu cobalto, pronto a diventare notte misteriosa punteggiata di stelle e dominata da un’enorme, bellissima luna. Le colonne dirute - che si possono leggere come una versione scarnificata e pietrificata della foresta shakespeariana - delimitano un luogo ambiguo, nel quale i protagonisti si incontrano e si scontrano in una continua alternanza di piani narrativi.Con trovata efficace e appropriata, il regista in apertura chiama in scena i personaggi ‘umani’ per una breve azione muta: i nobili ateniesi visitano il tempio in ordine sparso come fossero turisti facoltosi ed eccentrici; a presidiare l’area provvedono Bottom e i suoi compari, trasformati in membri di una squadra di custodi-manutentori. Per i due gruppi il sito archeologico, ancorché sacro in addietro e mirabile, è semplicemente un’ambientazione fisica.
Ma in pochi attimi l’abbassarsi delle luci e il risuonare delle prime note sinuose in orchestra rivelano la natura incantata di quello spazio e annunciano l’arrivo dei suoi fiabeschi abitanti: arbusti animati, meduse luminescenti, paggi verdedorati (fondamentale qui è il contributo dei costumi di Gabriella Ingram). È la rivelazione, sussurrata con poetica magia, dell’esistenza di un mondo fantastico celato dietro le apparenze del quotidiano: un mondo solitamente separato e distinto, che però a partire dal secondo atto collide con quello reale producendo perturbazioni a catena.
Nel seguito della rappresentazione, Curran centra e concilia due obiettivi essenziali: consente al pubblico di governare la complessa e stratificata vicenda (senza tuttavia scadere nemmeno per un attimo nel didascalismo ‘di servizio’) e, allo stesso tempo, mantiene sempre desta l’attenzione attraverso un gioco ben calibrato di invenzioni intelligenti e pertinenti.
Virtuosismo di voci e di corpi
All’alta qualità della performance palermitana contribuisce in misura determinante il valore degli interpreti, tutti dotati di buona voce e tutti perfettamente calati - dal punto di vista cinetico-gestuale, stilistico ed espressivo - nelle rispettive parti. Ipnotico, dolente ma a tratti anche capriccioso e beffardo è l’Oberon di Lawrence Zazzo La spavalderia grossolana e guascona di Bottom è resa alla perfezione da Zachary Altman, dotato di ottima intonazione e volume cospicuo.
Merita una menzione speciale l’irruenza acrobatica di Chris Darmanin nel ruolo di Puck, una specie di supereroe Marvel che salta, caprioleggia, sogghigna e si dilegua grazie a una fisicità plastica e scattante. Egregia la prova dell’orchestra del teatro che, sotto la guida del giovane ma peritissimo maestro israeliano Daniel Cohen, procede con precisione, bellezza di suono e smagliante varietà di di effetti.
Lo spettacolo è emozionante, divertente, godibilissimo.