Impermeabile beige, taccuino e sigaro accompagnano il ritorno sul palcoscenico teatrale dell’iconico detective protagonista di uno dei telefilm più seguiti negli anni ’80. Il Tenente Colombo – Analisi di un omicidio è diretto da Marcello Cotugno ed è un piacevole giallo teatrale.
Inscenato con grande successo a Broadway con il titolo originale di Prescription: murder è uno spettacolo ideato nel 1962 da Richard Levinson e William Link, i quali crearono Colombo ispirandosi al detective Petrovitch di Delitto e Castigo, e fu di fatto il pilot della serie televisiva del 1968 con Peter Falk nel ruolo del Tenente Colombo. Il personaggio divenne molto popolare per il suo stile unico: trasandato e maldestro, è in realtà sagace e ironico, ma anche smemorato e allo stesso tempo capace di cogliere il più piccolo dettaglio.
Diretto da Marcello Cotugno, lo spettacolo arriva in Italia dopo anni di sold out nei teatri americani e inglesi ed è lo stesso Cotugno che ne ha curato un adattamento che, seppur con alcune differenze rispetto all’originale, resta abbastanza fedele ed efficace.
Il testo si caratterizza anche per un altro aspetto “rivoluzionario”: all’atto della scrittura Levinson e Link, difatti, ribaltarono i presupposti del giallo deduttivo di matrice inglese (c.d. “whodunit”), creando un nuovo schema (c.d. “howcatchem”) con il quale gli spettatori anziché scoprire l’assassino, che è già esplicitato, devono comprendere il meccanismo con il quale il detective smonterà l’alibi del colpevole. Aspetto ben sviluppato nella messinscena diretta da Cotugno poiché caratterizzata da una costante tensione narrativa a bassa intensità.
Nessun alibi è perfetto con il Tenente Colombo
Nel Tenente Colombo – Analisi di un omicidio, subito dopo le prime battute introduttive, viene prontamente svelato il piano dell’assassino: Roy Flemming, in combutta con la giovane amante Susan Hudson, pianifica l’omicidio della moglie Claire. Parrucca e occhiali, un finto litigio e il soggiorno in Messico: sembra l’alibi perfetto, ma Roy Flemming non ha fatto i conti con l’arguzia del Tenente Colombo.
Scenografia sottoutilizzata, audio e costumi da migliorare
Gianluca Ramazzotti caratterizza molto bene, per presenza scenica, atteggiamenti e intonazione, il personaggio del Tenente Colombo senza cadere nel tranello di imitare Peter Falk. Buona l’intesa con Pietro Bontempo (Roy Flemming) il cui apice è senz’altro l’interminabile faccia a faccia silenzioso, contrapposizione tra eroe e antieroe, che catalizza l’attenzione del pubblico lasciandolo col fiato sospeso.
Le incursioni di Nini Salerno, nei panni del governatore, alzano il livello recitativo. Da migliorare, invece, le interpretazioni di Susan Hudson e Claire Flemming che risultano troppo enfatiche e poco naturali.
Il piacevole accompagnamento musicale jazz arricchisce l’atmosfera, mentre è da perfezionare la gestione tecnica dell’audio (ripetuto gracchiare dei microfoni). Buono l’utilizzo delle luci, in particolare nella scena in cui Colombo illustra le fasi dell’omicidio. Costumi sufficienti: si poteva fare meglio con Colombo studiando una pettinatura più adeguata e aggiungendo un filo di barba.
La scenografia è carente e un maggior dettaglio avrebbe aumentato il calore delle scene: buono l’effetto delle ombre dietro la porta a vetri, ma le altre pareti spoglie risultano scarne e asettiche. Poteva essere sfruttata meglio anche la zona laterale tra il sipario e le quinte.
Scelta interessante l’idea del display nell’arco di proscenio: i momenti di proiezione, seppur funzionali, dovrebbero però essere dosati con maggior sapienza e non accavallarsi ai momenti recitati.
In conclusione Il Tenente Colombo – Analisi di un omicidio è una rappresentazione piacevole e leggera, capace di offrire un paio d’ore di svago, ma ancora da perfezionare.