La stagione lirica veronese 2011-2012 si è conclusa al teatro Filarmonico con una poco consueta rappresentazione di Aida in forma di concerto. L’occasione è scaturita dalla conclusione del IX concorso internazionale di canto, organizzato dall’Istituto internazionale per l’opera e la poesia in collaborazione con la fondazione Arena di Verona, la quale ha voluto in questo modo celebrare il centenario della propria istituzione dando al contempo l’opportunità ai vincitori selezionati dalla giuria di esibirsi sul palcoscenico scaligero.
Aida, opera così intrinsecamente legata nell’immaginario collettivo all’anfiteatro veronese, ha in realtà un rapporto privilegiato anche col teatro Filarmonico ove fu rappresentata già nel 1877 e, a seguire, nel 1889, 1907, 1912, l’anno antecedente a quello del debutto in arena. Al teatro di via dei Mutilati rimanda anche la memoria della prima e unica Aida in forma di concerto mai organizzata nella città scaligera, andata in scena il 30 dicembre 1997 per impulso dell'Accademia filarmonica di Verona, con l'orchestra e il coro filarmonici diretti dal maestro Giorgio Croci.
Nella parte di Radamès l’unico fra i protagonisti della serata a non essere un vincitore del concorso, bensì un artista già affermato, Zvetan Michailov, il quale, a dispetto di tutto, ci è parso l’anello debole del gruppo. Il timbro non è dei più gradevoli e, a fronte di una potenza davvero notevole, talvolta anche un po’ ostentata, molti passaggi ci sono sembrati poco cesellati, il tutto nel contesto di un’esecuzione generalmente un po’ piatta. Buona l’Aida di France Dariz, la voce è ben calibrata senza esasperazioni, il fraseggio sicuro, il registro acuto solido e ampio. Molto coinvolgente l’interpretazione di Elena Serra, la quale ha saputo delineare una Amneris di singolare fascino anche con la sola mimica facciale: il timbro è brunito, il cipiglio risoluto, buoni il sostegno e l’uniformità dell’emissione nei registri centrale e grave. Seung Pil Choi è un Ramfis sonoro e corretto, David Babayants un Amonastro credibile e dal timbro morbido. Con loro il Re di Desaret Lika, il messaggero di Enzo Peroni, la Sacerdotessa di Chiara Fracasso.
Apprezzabile la direzione di Fabio Mastrangelo, tesa a garantire la giusta tensione drammatica senza sfociare in eccessive ridondanze di suoni e volumi. Buona la prova del coro.
Teatro con numerosi posti vuoti, spettatori inizialmente piuttosto freddi poi, col succedersi dei vari atti, sempre più prodighi di applausi, tanto da apparire nel finale sinceramente soddisfatti.