Lirica
AIDA

IL RITORNO DI AIDONA

IL RITORNO DI AIDONA

La Scala onora la stagione del bicentenario con le recite intrecciate di Don Carlo e Aida, due delle tre partiture della maturità di Verdi: la terza, Simon Boccanegra, chiuderà la prossima stagione la cui apertura attende Traviata. Gli allestimenti sono inaugurazioni non lontane, Aida nel 2006 e Don Carlo nel 2008 con le regie rispettivamente di Franco Zeffirelli (ripresa da Marco Gandini) e Stéphane Braunschweig.

L'Aida di Zeffirelli è stata da noi dettagliatamente recensita sia nel debutto che nella ripresa dello scorso anno come documentato nel sito. Il palcoscenico è affollato ma è un pieno a cui non corrisponde particolare significato; la stessa scena del trionfo è più un accumulo di persone e insegne che una sfilata celebrativa. Non c'è tensione drammatica e i personaggi non evidenziano alcuno spessore drammaturgico e caratteriale, limitandosi a entrare e uscire e a una stereotipata gestualità laddove non emerga l'esperienza dell'interprete. Nel programma di sala viene riproposto il testo di Zeffirelli per una “nuova lettura dell'Aida” affidata a un personaggio di sua invenzione, Akhmet, spesso in scena, filo conduttore dei fatti e legame tra mondo terreno e divino, affidata in origine alla presenza magnetica di Luciana Savignano e, in questa ripresa, a Deborah Gismondi.

Gianandrea Noseda ha diretto con grande eleganza e in modo sinfonicamente esaltante senza soverchiare i momenti cameristici; ciò ha consentito di dimenticare i facili eccessi a vantaggio di una partitura che, depurata dalle scorie convenzionali, offre complessità e analisi di drammi privati con variegate dinamiche di fraseggio e sensibilità ai contrasti drammatici ed espressivi, tutto mirabilmente evidenziato nell'esecuzione. Noseda ha scavato nei particolari per sottolineare gli aspetti interiori, mostrando gli stati d'animo con il variare di colori e spessori sonori in un magma che avvolge tutto di una tinta tragica dominante. Gli strumenti solisti sono così ben appoggiati che sembrano farsi parola in un tutt'uno con il canto e le voci dei protagonisti sono perfettamente amalgamate all'orchestra.

Hui He ha bel timbro ed emissione solida che le consente di dominare il cast: la sua Aida è intensa e cesellata in ogni dettaglio con una voce che si piega a esprimere ogni corda del ruolo con una rara adesione; luminoso il registro acuto, corposo il centrale, suggestivi i pianissimi e gli alleggerimenti di suono per sfumare con inusuale suggestione. Marco Berti è parso non in serata e la voce del suo Radamès piuttosto affaticata: fraseggio curato ma difficoltà nelle mezzevoci e nel registro alto, non luminoso nell'intonazione. Nadia Krasteva non ha convinto e la sua Amneris è parsa troppo grande per la voce: la linea di canto poco controllata e la tecnica non salda hanno contribuito a un personaggio privo di sfumature. Ambrogio Maestri non riesce a dare adeguato spessore drammatico ad Amonasro, nonostante la correttezza vocale. Il Ramfis di Marco Spotti ha voce scura usata in modo ottimale, creando un sacerdote autorevole e di forte ieraticità. Adeguato il Re di Alexander Tsymbaliuk, brava la sacerdotessa Sae Kyung Rim. Con loro il messaggero di Jaeheui Kwon e l'ottimo coro, splendidamente preparato da Bruno Casoni. Bene la coppia di ballerini impegnati nel trionfo come selvaggi, Beatrice Carbone e Marco Agostino, come anche gli allievi della scuola di ballo dell'Accademia della Scala, vivaci moretti.

Pubblico numeroso, spettacolo di presa sul pubblico, applausi generosi.

Visto il
al Teatro Alla Scala di Milano (MI)