Attraverso un meccanismo di “teatro nel teatro” ben orchestrato, Alcesti, tra mito e cronaca, nell’adattamento di Pierpaolo Fornaro e Girolamo Angione, porta sul palcoscenico una delle più appassionanti e tragiche storie d´amore dei nostri tempi, quella tra i poeti contemporanei Sylvia Plath e Ted Hughes. Solo quest’ultimo (interpretato da Eugenio Gradabosco), ne uscì vivo, e a distanza di oltre trent’anni dalla morte di Sylvia, utilizza come espediente “liberatorio” e autobiografico la tragedia di Euripide, Alcesti, che sceglie di sacrificarsi e morire al posto del marito Admeto.
Il dramma moderno di Sylvia e di Ted si confonde con la tragedia antica che, per mezzo di semplici maschere, va in scena direttamente nel salotto londinese di Sylvia in quel febbraio del 1963 in cui si consumò la tragica fine della poetessa.
La distanza tra mito e cronaca quasi si annulla e le parole antiche nella loro stessa bellezza poetica, e si fanno strumento di una lacerante resa dei conti finale, di cui si rende testimone molto partecipe il critico letterario Al Alvarez (Carmelo Cancemi), impersonando con saggia autorevolezza il dio Apollo della tragedia greca.
Patrizia Pozzi è una Sylvia/Alcesti ferita e intensamente vibrante; Eugenio Gradabosco interpreta Ted/Admeto mostrando una padronanza espressiva e del linguaggio non verbale ancor più eloquente di qualsiasi autoanalisi.
Sul palco incombe, ammiccante, la figura della Morte (incarnata da Riccardo Genovese, anche autore delle splendide e struggenti musiche eseguite in scena); infine, il giovane Tiziano Casu indossa la maschera di Eracle, personaggio dai toni alquanto farseschi nella tragedia di Euripide.