ALCESTI

L'Alcesti di Raboni tra mito e contemporaneità

L'Alcesti di Raboni tra mito e contemporaneità

"Alcesti o la recita dell'esilio" è un testo in versi liberi fortemente simbolico di Giovanni Raboni. In esso si sincretizzano il mito eterno della donna che si sacrifica per il proprio uomo, i versi di Euripide, la contemporaneità imprecisa di un regime dittatoriale che sopprime i dissidenti e la lotta tra vita e amore.

Sara- Alcesti (Ester Liberini), il marito Stefano-Admeto (Andrea Albertini) e il padre di lui Simone-Ferete (Bruno Frusca) aspettano, in un teatro, di essere trasportati ad una nave che li porterà dall'inferno di un paese dittatoriale al limbo della democrazia. Solo due di loro potranno partire e le discussioni circa la scelta della vittima sacrificale metteranno a nudo le tensioni già esistenti nel loro rapporto e la grettezza che anima padre e figlio.

Sara-Alcesti, ex attrice che ricorda di aver recitato nello stesso teatro nella parte dell'ancella di Alcesti, prende coscienza del suo ruolo salvifico e rinnega ogni egoismo individualistico, abbracciando la via del sacrificio e lasciando alla loro pochezza i due uomini, che tanto si sono adoperati per sopravvivere.

Ai dialoghi serrati, che svelano incomprensioni latenti, si intrecciano parti della tragedia euripidea, recitate da Sara, illuminata dal ricordo del suo amore per il teatro. Proprio il teatro è il luogo dove tutto si svolge e dove tutto prende una forma eterna e simbolica. Il contesto claustrofobico, dove i dialoghi prendono il sopravvento sui gesti e sul momento storico, diventa un qui ed ora perenne, dove i significati passano dal mito alla contemporaneità per ritornare poesia e teatro nel teatro.

Il custode- accompagnatore (Silvio Lazzaroni), annuncia la scomparsa nella nebbia di Sara e la presenza di una terza viaggiatrice velata, che, come Alcesti ritornata dall'Ade, non potrà parlare per tutto il viaggio. Un finale non tragico, come nell'Alcesti di Euripide, anche nel testo di Raboni, seppur con un'inquietudine che non dissipa la bassezza morale dei due protagonisti.

Ottima l'interpretazione di Bruno Frusca (anche regista), un Simone- Ferete che passa da toni comprensivi e gioviali a momenti di totale affinità elettiva, al limite dell'incesto, con la nuora, all'egoismo più gretto della conservazione di sé a discapito anche del proprio figlio. Intorno a lui ruotano gli altri protagonisti, che risultano meno incisivi, i cui ruoli sono definiti e prevedibili sin dall'inizio.

Bella la scenografia che ricrea, con colonne, bassorilievi e bauli, sia le quinte di un teatro, sia un'antichità atavica che traspare in ogni momento del dramma. Un testo fortemente stratificato nei significati e prezioso nella forma, una scelta difficile e riuscita.

Visto il 05-04-2014
al Auditorium Santa Chiara di Casale Monferrato (AL)