Il CRT riparte dai Motus e da Antigone. A quattro mesi dalla brusca interruzione della stagione nel maggio scorso - mentre in scena doveva esserci proprio lo spettacolo della compagnia riminese - la scelta esprime la volontà di ricucire una ferita ancora aperta (una situazione delicata quella del teatro orfano del “professore” Sisto Dalla Palma, della quale parleremo in una prossima intervista con il nuovo direttore artistico Silvio Castiglioni) e cercare, con la fulgida caparbietà dell’eroina sofoclea, di innescare un nuovo circolo virtuoso.
La sensazione di circolarità invade anche la sera della prima al Teatro dell’Arte di Milano e si estende alla rappresentazione stessa, in un piovoso 26 settembre in cui ad Atene si sono riaccesi gli scontri di piazza per gli ennesimi tagli allo stato sociale. Staccare gli occhi dai monitor tv, che da ore ne rimandano le immagini, e puntarli poco dopo sulla scena di “Alexis. Una tragedia greca” è uno di quei sorprendenti corto-circuiti che ci ricordano quanto il teatro possa essere vivo e connesso all’esistenza delle persone. Il lavoro dei Motus non è nato ovviamente in un giorno, né sulla scia di questa ultima estate calda dello spread. E’ stato rappresentato con successo in Italia e all’estero, ed è la prosecuzione di un percorso iniziato nel 2008 (come la crisi economica) intorno ad “Antigone” di Sofocle che ha già dato vita scenica a tre performance: “Let the Sunshine In”, “Too late!” e “Iovadovia”. Ma la realtà palpitante in cui i Motus calano la rilettura del testo, rappresentato per la prima volta ad Atene nel 442 a.c., non è mutata di molto in questi ultimi anni. Almeno non in meglio.
Nella drammaturgia di Daniela Nicolò (autrice con Enrico Casagrande) la storia di Antigone, che vuole dare sepoltura al cadavere del fratello Polinice contro la volontà del nuovo re di Tebe Creonte, si innesta sulla vicenda di Alexis Grigoropoulos, il 15enne ateniese ucciso da una pallottola vagante della polizia nei giorni dei primi scontri dovuti alla crisi nel 2008. Il parallelismo tra il cadavere di Polinice e quello di Alexis, egualmente abbandonati sul selciato, è reso con una messa in scena mobilissima in cui il video, la musica, il dialogo e l’azione scenica sono costantemente mescolati in una tessitura unica, cui però non giova la spazialità rigida del teatro all’italiana. Le frequenti sortite dei quattro interpreti – Silvia Calderoni (Antigone), Vladimir Aleksic (Creonte), Massimiliano Rassu (Polinice) e Alexandra Sarantopoulou (Tiresia) – fuori dal palcoscenico verso la platea non bastano ad annullare quella “quarta parete” che solo in un suggestivo sottofinale viene davvero lacerata, rimescolando le carte tra performer e spettatori.
Nella note di sala i Motus avvertono che non si deve parlare di spettacolo ma di “contest”, sorta di confronto/dialogo scenico tra personaggi che sono quelli di Sofocle ma anche i ragazzi che ad Atene cercano disperatamente di conquistarsi un futuro. Tra gli oggetti a loro disposizione: un sampietrino pronto al lancio (che innesca interrogativi morali), bombolette spray che riprendono i graffiti di protesta che vediamo filmati sulle mura del quartiere di Exarchia, una felpa con cappuccio, vietata dalle recenti disposizioni di sicurezza, un portatile con il quale fotografare costantemente la propria esistenza in vita, quasi ad assicurarsene.
Prosa
ALEXIS, UNA TRAGEDIA GRECA
IL FILO ROSSO DI ALEXIS
Visto il
26-09-2012
al
Triennale
di Milano
(MI)