Federico Bellone è ormai uno specialista nel sorprendere il pubblico del teatro musicale. L’edizione originale con dialoghi in italiano e orchestra sinfonica dal vivo ha debuttato in prima assoluta al Teatrop Carlo Felice di Genova.
An American in Paris nasce come poema sinfonico eseguito per la prima volta da George Gershwin nel 1928, in seguito a un soggiorno nella capitale francese. Nel 1951, la MGM sviluppa la sceneggiatura dell’omonimo film; nel 2014, il musical debutta al Théâtre du Châtelet di Parigi, per spostarsi prima a Broadway e poi a Londra. L’edizione originale con sottotitoli, dialoghi in italiano e orchestra sinfonica dal vivo ha debuttato in prima assoluta al Teatro Carlo Felice di Genova.
Un allestimento sfarzoso
A catalizzare l’attenzione sul palcoscenico, due elementi distintivi di questo allestimento: anzitutto, un pianoforte quasi sempre presente in scena, suonato dal personaggio di Adam Cook (alter ego del compositore americano); inoltre, una scenografia caratterizzata dal susseguirsi incessante di celebri quadri d’epoca appartenenti a specifiche correnti artistiche - dall’impressionismo di Monet, Degas e Toulouse-Lautrec al neoplasticismo di Mondrian – che attribuiscono profondo significato soprattutto sul piano emotivo, allo svolgersi dell’azione scenica. Quarantasette cambi di scena effettuati su una pedana girevole, 240 costumi e le note spensierate e sofisticate di Gershwin accompagnano uno sfarzoso racconto degli anni del secondo dopoguerra.
Regia e interpreti, facce di una (complessa) medaglia
Federico Bellone è ormai uno specialista nel sorprendere il pubblico del teatro musicale con allestimenti grandiosi e, nel complesso, efficaci. Ma, questa volta, appare più marcata l’intenzione del regista di poter/voler contare sulla qualità interpretativa di gran parte del collaudato cast artistico. A cominciare dalla simpatica coppia formata da Donatella Pandimiglio e Mimmo Chianese (i coniugi Baurel), che spesso, anche solo con piccoli gesti, lasciano il segno in questo caleidoscopico affresco dai toni pastello di un’epoca vintage che non esiste più. Giuseppe Verzicco interpreta con disinvoltura e appassionata convinzione il ruolo del protagonista Jerry Mulligan, ex militare con la passione per la pittura e il desiderio di essere corrisposto dalla donna che ama, una ballerina del Théâtre du Châtelet.
Tiziano Edini si dimostra una piacevole ri-scoperta nella sua funzione di compositore-narratore, offrendo al pubblico perfino una piacevole gag che coinvolge il direttore d’orchestra a metà del secondo atto; Simone Leonardi, nella caratterizzazione del desiderio di Henri Baurel di affermarsi come cantante, conferma la sua versatilità come performer. Alice Mistroni restituisce al pubblico la profondità di un personaggio dalle molte sfaccettature come l’eccentrica filantropa Milo Roberts, soprattutto nell’intensa esecuzione del brano ”Someone to Watch Over Me”.
Le coreografie di Fabrizio Angelini, in un dinamico equilibrio tra gusto classico e Broadway-style, valorizzano l’ensemble e soprattutto la protagonista femminile Marta Melchiorre, che raggiunge il climax della sua performance proprio durante il celebre balletto An American in Paris da cui lo spettacolo prende il titolo. Tuttavia, presenza scenica ed evidenti abilità tersicoree non sembrano far emergere completamente le potenziali sfumature interpretative del personaggio di Lise Dassin.