Il teatro e la piazza del villaggio, dove la popolazione si raccoglie a vedere la rappresentazione di tragedie, formalizzazione di miti antichi, e ad ascoltare il cantastorie africano, cantore della tradizione orale degli antenati. Antigone di Jean Anouilh è un dramma in un atto unico scritto nel 1941. Ispirato alla omonima tragedia di Sofocle, il dramma, composto durante l'occupazione nazista della Francia, rielabora il mito adattandolo alla situazione storica vissuta dall'autore. Per circa due anni Massimo Luconi ha diretto un percorso di formazione con incontri e laboratori in Senegal e a Saint-Louis, includendo attori e non professionisti, che è sfociato nella messa in scena di uno spettacolo in controtendenza, senza bandiere e frontiere da difendere, che fonde le diverse tradizioni culturali e teatrali. Dal punto di vista scenico la rielaborazione del testo di Anouilh che Massimo Luconi ha realizzato in questo laboratorio è molto coinvolgente: affianca la recitazione in francese, corrispondente alla recitazione della tragedia, a quella in senegalese con i canti in wolof, lingua ufficiale del griot, il cantastorie, corrispondente al coro della tragedia greca. Lo spettacolo in alcuni momenti assume la forma di una grande cerimonia funebre mistica, con canti religiosi bellissimi, in perfetto accordo col testo di Anouilh, che ha un diretto riferimento al rito della sepoltura e degli onori funebri. Tolti tutti i riferimenti a Tebe e all'occupazione francese , sette corpi giacciono sul palcoscenico. Un uomo è seduto con un tamburo. Il ritmo liquido di onde lontane riempie il silenzio. Il ritmo delle percussioni , colpi ossessivi, risuona mentre una luce calda, dal basso, illumina lamiere arrugginite di una bidonville imprecisata. Il griot si tinge il volto di bianco, intona un canto, dà inizio al rito. La recitazione passa dal francese al wolof senza fratture, costante il ritmo. Il tamburo cadenza la recitazione. Gli interpreti si alzano, assistendo poi in silenzio alle battute degli altri. Sul palcoscenico solamente una sedia, trono di Creonte, simbolo di un potere inesistente. Antigone, eroina tragica, che sceglie di seguire il legame del sangue e della tradizione contro un potere cieco e spietato, racchiude in sé la lotta di tutte le donne e dell’Africa intera. La recitazione dei giovani attori, intensa e appassionata, è più che coinvolgente. Antigone in pantaloni e lunghi capelli sciolti sulle spalle; Ismene che nasconde la chioma in un chador. La figlia di Edipo è una vera donna, Emone è ancora un ragazzo. Creonte è imponente, Antigone è piccola e fragile. Ogni ruolo è ben preciso. Il re comanda, consapevole del proprio compito. Antigone decide di opporsi, si autoproclama regina e stabilisce le proprie leggi. Sceglie la morte, anche se la donna nasce per dare la vita. Il coro, voce di fondo dalla platea, informa Creonte del decesso del figlio e della moglie. Infine tutti gli attori si tingono il volto di bianco, come il griot: la cerimonia funebre è finita, celebrante e celebrati sono indistinguibili. La catarsi della tragedia di Sofocle e i riferimenti alla contemporaneità di Anouilh si fondono sfociano in un risultato di tono poetico molto elevato. La regia è originale e convincente, l’insieme ricco di pathos e di una eleganza nuova.
Prosa
ANTIGONE. UNA STORIA AFRICANA
Antigone - una storia africana
Visto il
04-03-2015
al
Comunale Laura Betti
di Casalecchio Di Reno
(BO)