Ispirato alla storia di Cosimo, Il barone rampante di Italo Calvino, ragazzo ribelle che decide di andare a vivere sugli alberi, abbandonando per sempre il contatto con la terra, questo spettacolo, in una dimensione visionaria e onirica, non è una mera rappresentazione dell'opera letteraria. Protagonista ancora una volta è il gesto acrobatico, reso quasi immateriale.
Sul palco, una grande cabina con grandi finestre. Il pavimento è un trampolino. Questo è il terreno in cui si muovono Mathurin Bolze e Karim Messaoudi.
L’abitante di questa struttura si arricchisce di un suo doppio, o forse di una proiezione. Forse ha solo un'ombra, o si è inventato un amico. Forse è scivolato nella follia o ha solo sognato. Questa doppia presenza crea dubbi e ci introduce con un balzo in un immaginario sospeso, fatto della solitudine di questa casa-gabbia, dove la solida realtà viene messa in discussione, senza aspettare una risposta. Il protagonista va su e giù negli spazi intrecciando acrobazie oniriche in un'esplorazione multidimensionale.
Sappiamo che il lavoro Mathurin Bolze ruota attorno alla pratica del trampolino, ad un circo educativo a partire dal quale ha sviluppato un linguaggio e una scrittura coreografica che incontra sia la mera esperienza fisica, sia la creazione di contaminazione e la ricerca arte - scienza. Non stupisce, quindi, che il talentuoso Mathurin Bolze immagini il suo Barone rampante prendendo spunto dalla meravigliosa sensazione di libertà suggerita dal trampolino sia per l'artista che per lo spettatore. E questo espediente scenico, mentre pare annullare la gravità, ci trasporta in una dimensione lieve, immateriale, governata e abitata dalla pura immaginazione. In breve, ci affascina.