Ci troviamo a Montepulciano in apertura del 48° Cantiere d'Arte, per una piccola gemma musicale: lo singspiel Bastiano e Bastiana (più esattamente, Bastien und Bastienne). Parto di un di Mozart neppure tredicenne, almeno se si prende per buona la tradizione che lo vuole eseguito per un'unica volta nel dicembre 1768, presso la dimora viennese del celebre ipnotizzatore e medico Franz Anton Mesmer.
GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA
Bastiano e Bastiana ci viene presentato al Teatro Poliziano, sotto la direzione musicale di Tito Ceccherini e la regia di Luca Fusi, in versione con arie originali in tedesco e dialoghi in italiano, per meglio comprenderne la pur esile trama. La contadinella Bastiana, fidanzata con Bastiano, è disperata perché lui la trascura per una gran dama. Su consiglio del gran mago Cola, prende un atteggiamento indifferente che sconcerta l'amato, il quale dopo un acceso litigio, sconsolato dichiara di volersi annegare. Alla fine, il saggio Cola interviene e riappacifica la coppia.
Tanta musica in poco spazio
Operina di una quarantina di minuti circa, Bastiano e Bastiana richiede un organico da camera, adatto ad un'esecuzione domestica: un quintetto d'archi e un settetto di fiati, più il basso continuo. Organico qui un po' ampliato – gli archi sono il triplo - e costituito dai bravi strumentisti dello Wuderkammer Youth Ensamble. Hanno tra i 18 e i 25 anni, sono tutti agili solisti; qui li vediamo guidati con garbo e squisita sensibilità da Tito Ceccherini, che esalta la trasparenza e la freschezza di una partitura ancora acerba nella costruzione, e naturalmente di corto respiro; epperò ricca di bei spunti melodici e dalla spontanea, vivida teatralità. Aperta da una minimissima ouverture che, curiosamente, nel suo tema di base anticipa l'incipit della Terza Sinfonia di Beethoven.
Libretto galante, ma un po' scipito
Il libretto – invero di modesto valore – lo dobbiamo a F. W. Weiskern, J. Mueller e J. A. Schachtnerh, ed è derivato dalla commediola Les amours de Bastien et Bastienne di M.J.B. Favart, Ch. S. Favart e Harny de Guerville. Quanti autori in azione per così poca cosa! Come nel lontano antecedente de Le devin du village di J.J. Rosseau, tre sole sono voci messe in campo: quelle di soprano, tenore e basso. Voci impegnate in arie e duetti (ed un rapido terzetto finale, «Kinder! Kinder! seht, nach Sturm und Regen») di piana cantabilità, mai troppo virtuosistiche; ma voci alle quali si richiede nondimeno una buona indole attoriale.
E' un compito che qui spetta a Laura Zecchini, Bastiana tenera, garbata e ingenua, oltre che musicalissima; a Matteo Tavini, Bastiano credulone e naïf, portato avanti con una provetta e piacevolmente timbrata vocalità; ed infine a Paolo Leonardi, Cola austero e sussiegoso, reso con canto nobile e ben gestito.
Miracoli registici, con tanti mimi
Palcoscenico di limitate dimensioni, quello del Poliziano. La scenografia è forzatamente unica, però elegante nel suo tripudio di panneggi purpurei, ed i doviziosi costumi li dobbiamo al tandem composto da Carlo Sala e Roberta Monopoli. Ci piacciono molto entrambe le cose.
La regia di Luca Fusi fa miracoli d'acrobazia, a fronte di un libretto ed a personaggi alquanto statici. Suggerisce ai tre interpreti una recitazione il più possibile verosimile, e per vivacizzare l'operina utilizza con grande abilità otto mimi, che con il loro continuo, coreografico agitarsi offrono un po' di movimento in scena. Un ruolo fondamentale lo svolge poi il magistrale gioco di luci impostato da Giulia Bandera. Alla fine, lunghissimi applausi per tutti. A dire il vero, sicuramente ben meritati.