Per festeggiare i trent’anni della sala Assoli di Napoli, Tony Laudadio porta sulle scene ‘nere’ di questo storico spazio il suo ultimo lavoro Birre e Rivelazioni, atto unico in otto birre. Si tratta di un dialogo tra due sconosciuti Sergio (interpretato da un energico Andrea Renzi) proprietario della birreria e Marco (il duttile Tony Laudadio) professore di italiano aperto al dialogo con i ragazzi: in comune hanno Francesco, figlio di Sergio e alunno di Marco (personaggio centrale ma solo evocato dai discorsi dei due) e la birra.
Già il titolo chiarisce il ruolo che la bevanda ha nella storia: le birre, dimensione di convivialità, aiutano o sostengono lo scoprire, “rivelare” il vero della storia e nello stesso tempo, con la ritualità del bere, fanno da clessidra, scandiscono il tempo all’interno dell’unico atto in cui è concepito drammaturgicamente il testo. Di birra in birra il tempo passa, birra finita (a volte di fatto, a volte solo a parole), incontro-dialogo concluso. Di “quadro dialogico” in “quadro dialogico” fa da sipario la luce fioca tra le feritoie della parete di bottiglie, unico scenario insieme a due tavoli e sedie . Questo modo di concepire il fluido passare del tempo, non è nuovo in Laudadio che già nello spettacolo Un anno dopo aveva immaginato un dialogo tra due persone che in comune avevano solo lo spazio di lavoro, mentre con i bui di scena si rappresentava il passare del tempo. Qui in più c’è l’effetto (tra l’altro contagioso) del gusto del bere birra.
Dentro questo ritmo lo spettacolo vive di armonie legate a scambi veloci, serrati dei due personaggi: le parole semplici, i dialoghi che toccano diversi colori e temperature emotive, sono spesso divertiti, ironici (si sente il gioco tra i due attori) ma anche densi di rabbia, mentre i temi trattati sono attuali, forti, psicologici. In un tocco musicale che ambienta e colloca la generazione dei due, con la musica di Simon & Garfunkel, in un dialogo che cresce birra dopo birra, da piccola rivelazione che si aggiunge a piccola rivelazione, si dipana una questione centrale: Francesco, il figlio, è omosessuale, forse.
Il fatto offre lo spunto per parlare di tutto ciò che è attorno a questa rivelazione, fatta per il bene del ragazzo. I presupposti e le chiusure del rapporto padre/figlio, la delusione personale del crescere qualcuno e non essere il suo confidente, l'ottusità di certe posizioni coerenti con il preferire non sapere il vero, i luoghi comuni del considerare l’omosessualità una malattia, il tentativo di far cambiare idea al figlio proponendogli incontri con ‘donne’. Il ritmo cresce, di quadro in quadro. Sergio pure ammette la sua omosessualità, racconta del bacio con Francesco, chiesto dal ragazzo e dato per verificare se ha questa reale attitudine. In una serie di incontri si allude e teme a quello che potrebbe accadere: da qui il ricatto del professore. Se Sergio non vuole che il professore, magari finita la scuola, abbia una relazione con suo figlio, deve diventare il suo amante. Colpo di scena. La storia prende la piega di un ricatto d’affetto. Ma poi si scopre che è stato più che altro un ricatto ‘educativo’, un metodo brusco di un professore per far "comprendere" l’umiliazione, il disagio e l’assurdità dei giudizi sugli omosessuali e delle violenze che ruotano attorno un modo di concepire la vita o meglio semplicemente di essere.
Sergio si presenterà all’appuntamento con Marco, per il ‘sacrificio’ (che tral’altro non garantirebbe comunque che il figlio non fosse omosessuale) ma non troverà il professore. E qui la catarsi: Sergio con questo atto racconta in un gesto il profondo amore per suo figlio mentre il professore seduto al tavolo, in un piccolo monologo, racconta, per la prima volta con le parole, la vera sofferenza del mondo omosessuale. Il rilancio è verso al futuro: il meglio sarebbe trovare un compagno di vita vero oppure accontentarsi di una bella birra.
Il contrappunto dialogico, che in realtà utilizza anche il colore di un italiano vernacolare (tra Veneto e Lazio) è la forza del testo che, nella sua essenzialità, nel suo inseguirsi, coinvolge, fa ridere, riesce a colpire a incuriosire, a lasciar immedesimare. Sergio, il padre, definito anche nella sua incapacità di cogliere subito le sfumature, nella sua superficialità legata a luoghi comuni, rappresenta proprio quello che tutti pensano sulle tipiche reazioni di un padre alla scoperta dell’omosessualità del figlio.
I piani si intrecciano, la forza degli attori, di Andrea Renzi e dello stesso Tony Laudadio (attore oltre che scrittore e regista del testo) è riuscire ad arrivare a pronunciare frasi brevi con la giusta forza del personaggio, chiarendo sfumature. Subito, senza tentennamenti. Questo tipo di parola raggiunge vette ironiche e lascia anche divertire nei modi ha bisogno di interpreti intensi. E a giudicare dai risultati raggiunge perfettamente il suo intento. Molti spettatori in uscita dallo spettacolo, oltre ad essere colpiti favorevolmente per per aver ragionato su un tema profondo divertendosi, hanno dichiarato di aver voglia di bere una bella birra. E allora sembra pure ragionevole la proposta, paventata scherzosamente in camerino, di proporre questo spettacolo a Monaco, magari durante l'Oktoberfest.