Danza
BOTHANICA

Momix!

Momix!
Tornano i Momix, torna la seducente idea che il suo fondatore e direttore artistico Moses Pendleton porta in giro per il mondo da trent’anni, ed il Teatro Bellini risponde accogliendo i dieci ballerini/acrobati con un’atmosfera che fa avvertire la sensazione dell’evento internazionale. Il lato surrealista ed onirico dell’anima, non solo artistica, di Pendleton lo ha portato stavolta ad affrontare il discorso sulla Natura incentrandolo su “un costante mutamento, in nome del quale si infrangono le naturali barriere fra realtà ed immaginazione”. Moses per fortuna non concede molto ad un pur attuale ambientalismo, ma parte da molto più lontano, potrebbe dirsi che anzi si trasforma in Pan e diffonde semi e fauna su un palcoscenico che diventa la Terra, non una terra qualunque, ma quella su cui forse devono essere caduti i primi germogli che l’hanno creata, sapientemente o distrattamente dalle mani degli dei, una Terra mitologica in cui ascoltare echi della dea Natura. Magari sembrerà strano, ma in una performance come questa, dove forme, coreografie, colori, vasti panorami sonori, danza, tessuti, arti visuali, atletismo, giochi ottici, trasformazioni dei corpi e scenografie ti assalgono fino a rendere difficile anche separarne i confini, la prima cosa alla quale ho pensato è stata, invece, l’unica che mancava: la parola. Anzi, due parole: Immagine, ed Ancestrale. Inseriamole dunque, come unico omaggio o tassello mancante possibile. Dell’immagine, Bothanica ha il suo senso primitivo di Imago, di ciò che conserviamo dell’appartenenza della nostra mente alla Natura più di quanto siamo abilitati a renderci conto, ed è anche questa, una delle componenti del favore con cui si accolgono le coreografie e le evoluzioni che richiamano lussureggianti risonanze della forza generatrice della vita; il tutto, inoltre, insieme con il senso dell’ancestrale, di quel qualcosa che ci attira verso alberi, rocce, terreno, acqua, fiori, uomini e donne che si trasformano l’uno nell’altro ed a loro volta in fauna e flora, ed ogni altra primordiale evocazione come quella dei cicli delle stagioni, fino al salto più lontano nell’idea antenata dell’Eden. Anche al di là delle possibili propaggini delle parole, però, una danza come questa dei Momix riesce a trasmettere allo spettatore il senso di partecipazione della realtà, nel momento stesso in cui invece se ne distacca aerodinamicamente, e ritorna poi ad essere restituita alla terra, con un ciclo ed un rapporto tra danza e vita che si ripete: ogni muscolo termina di essere una piuma, un uccello, una roccia o la loro idea, ma il gesto non viene dissipato, e resta sul palco come in una scia luminosa ed un verso di uccello che sfuma.
Visto il 20-04-2010
al Bellini di Napoli (NA)