Prosa
C CREDO

La forza della C

La forza della C

Cosa spinge un autore/attore come Michele Beltrami a immaginare un universo composto da una sola lettera? E che questa lettera, poi, sia il passe-partout indispensabile per sondare misteri, artifici e idiosincrasie della contemporaneità? Può la lettera c diventare il cavallo di Troia che abbatte mura ciclopiche dietro le quali si annidano solitudine e indifferenza? C credo è il capolinea di un lungo lavoro nato dalla follia visionaria di Beltrami e un gruppo di sconosciuti, in arte Collettivo C, che si sono scambiati per mesi impressioni, parole e vie di fuga che avessero come comune denominatore per l’appunto la terza lettera del nostro alfabeto. Da questo caos combinato per remote possibilità arriva sul palcoscenico del Teatro a l’Avogaria di Venezia, quarto appuntamento della rassegna “I Martedì dell’Avogaria”, uno spettacolo pirotecnico e accattivante che ha lasciato il pubblico in sala senza parole o meglio senza più parole che cominciassero con la c. Il gioco con la platea è apparso subito chiaro, Beltrami, nei panni di un impertinente Charlot, la bombetta appesa sul ponteggio che troneggiava alle sue spalle ne era un costante riferimento, strappa alcuni spettatori alle loro comode poltrone e li costringe a salire in scena immergendoli in un flusso di c che li fa incontrare, conoscere, abbracciare perfino. E’ racchiuso qui probabilmente il nucleo vero dello spettacolo, capsule umane che non sanno nulla l’uno dell’altro spinte da un’innocua lettera a trovare un legame, a creder-ci almeno che ne possa esistere uno. E’ la crisi economica violenta e insopportabile l’unico legame che intravediamo? La politica delle marionette con tanti fili e poche mani a muoverli? Il disastro sociale che rende poveri i poveri e non fa ragionare i ricchi? No, queste sono solo tangenti improvvise delle nostre umane traiettorie, capitomboli esistenziali di vite appese alla precarietà del tempo, l’unico vero legame sta nel riconoscersi come interlocutori e confrontarsi: “Comunicare? Comunichiamo! Contaminazione collettiva, come cosa che cresce, che ci coalizza compatti, che ci conduce coesi”. Beltrami spinge fino in fondo la possibilità di sperimentare una costrizione liberatoria, trovare in quel fantasmagorico cantiere creativo che è la mente umana gli spazi per uscire dall’io e andare verso l’altro, come il Cosimo del Barone Rampante il nostro attore si arrampica su un traliccio praticabile, occhialoni e cappello di pelo ne fanno un olandese volante di altri tempi, e allo stesso modo della creatura calviniana interroga gli altri, i suoi rebus e le sue molteplici domande creano mondi possibili di coesione e partecipazione. La Collettività, dunque, è l’unica arma che abbiamo per “contrastare codesta crisi che ci consuma”, resistere è la parola d’ordine e soprattutto resistere a partire dalla lettera c, ovvero c come “chiarezza, caos, consapevolezza, convulsione… cioè completezza”. Beltrami ipnotizza il pubblico, salendo e scendendo dalle parole con ritmo travolgente, incespica, cade, rotola, applaude agli spettatori, scrive lettere improbabili su rotoli di carta igienica che imbuca poi in una cassetta postale, la stessa cassetta postale nella quale si può immaginare confluiranno le tante cartoline che, a fine spettacolo, l’attore chiede di ricevere, un nuovo Collettivo pronto a nascere? Perché no, esclusa la c, di lettere nell’alfabeto ne rimangono ancora tante.

Visto il 26-11-2013
al L'Avogaria di Venezia (VE)