Nella penombra di una soffitta densa di oggetti e ricordi, passi lenti e pesanti introducono sulla scena Ebenezer Scrooge, protagonista del celeberrimo racconto di Charles Dickens Canto di Natale. Si tratta di una riscrittura del testo attuata da Fabrizio Martorelli che, solo in scena, è interprete unico di tutti i personaggi della storia, guidato nella regia da Antonio Mingarelli.
È un’atmosfera cupa, quasi gotica, quella che avvolge l’intera vicenda che, fedele alla trama originale, viene arricchita di sfumature psicologiche tramite giochi di luce, rumori e, soprattutto, tramite l’interpretazione di Fabrizio Martorelli che impersona, in una sorta di flusso di coscienza, i personaggi.
Il protagonista, Scrooge, è il carattere più delineato, del quale si riconoscono i tratti peculiari anche grazie ad una sapiente mimica facciale: misantropo, egoista, “si portava addosso una temperatura polare che non diminuiva mai, neanche a Natale”. La bocca si contrae in una smorfia, gli occhi diventano avidi quando parla di denaro e tutto il corpo dell’attore tende all’immedesimazione dei tratti tipici del vecchio Scrooge.
Poi il nipote, l’impiegato, i tre spiriti, Scrooge da bambino, l’innamorata Clara, il piccolo Timmy, uno ad uno tutti questi caratteri si animano, vivono, ognuno con le proprie peculiarità grazie alla bravura dell’attore che sembra cambiare, di volta in volta, una ideale maschera per ogni personaggio.
Le luci contribuiscono all’atmosfera e alla tensione, come l’uso di tre marionette sulla scena.
Canto di Natale è uno spettacolo ben calibrato nei tempi e nella recitazione; forse vi è un’eccessiva ricchezza scenografica che in alcuni punti della vicenda può distogliere la concentrazione dall’azione e da Fabrizio Martorelli che, anche solo, riesce a riempire con la sua presenza scenica l'intero spazio.