Parte da Padova il viaggio de I Capuleti e i Montecchi, nella nuova coproduzione che vede a braccetto oltre al Comune di Padova, anche quelli di Rovigo e Treviso, nonché la Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi. Insomma, quattro sono le città, e quattro i teatri in cui l'opera di Bellini – al centro del Concorso Lirico Toti dal Monte 2022 – in cui va in scena.
Dei cinque ruoli messi a concorso, solo due a giugno vennero assegnati: quello di Giulietta, andato a Francesca Pia Vitale; e quello di Tebaldo, appannaggio di Davide Tuscano. 27 anni la prima, 28 l'altro. Li vediamo infine alle prese con una partitura che, sin dalla acclamatissima prima alla Fenice di Venezia, l'11 marzo 1830, ha goduto del costante favore del pubblico. Non solo italiano, ma anche europeo.
GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA
Le voci esordienti
Dopo aver assistito a questa prima padovana, siamo dell'avviso che il giovane soprano avellinese abbia davanti a sé una lusinghiera carriera, se teniamo debito conto di questa sua Giulietta attraente per purezza di linea di canto e bellezza di timbri, intensità d'accenti, buona varietà di colori, e per la capacità di penetrarne l'adolescenziale temperamento.
Con tali doti le lunghe e languide arcate di «Oh quante volte, oh quante» trovano così un affettuoso, seducente compimento. Apprezzabile pure la resa dei sovracuti che tuttavia, in taluni momenti, avrebbe bisogno di maggiore controllo.
Il biondo tenore calabrese è un po' più generico nello sciogliere il suo personaggio, che resta un pochino a galleggiare in superficie. Nondimeno anche il suo profilo vocale promette bene, sebbene meritevole di ulteriore affinamento: abbastanza agile e disinvolto nei passaggi di coloratura, offre un'emissione calda, argentina, spontanea, omogenea. Nel tono generale il suo Tebaldo sa rivelarsi comunque virile e squillante, come sta a dimostrare un imperioso, energico «E' serbato a questo acciaro».
Romeo, Romeo...
Al mezzosoprano Paola Gardina si vede affidato Romeo: ruolo ben recitato in scena, va detto; ma che vocalmente rimane inespresso, talvolta persino sotto tono. Insomma, malgrado l'attitudine alle agilità, l'inclinazione a variare spessori e colori, ed un pertinente fraseggio, il personaggio alla fine non prende il volo.
Tanto per dire, «La tremenda ultrice spada» risulta più becera e furente che fiammeggiante. Il basso William Corrò è prodigo nella colonna di fiato; peccato che conferisca un profilo univoco, granitico e poco flessibile al suo Lorenzo. L'altra voce grave, Abramo Rosalen, infonde l'opportuna severità e compattezza al suo Coppelio.
Una concertazione di routine
Tutta l'opera oscilla costantemente fra riminiscenze belcantistiche (e di Rossini, sopra tutto, anche per la figura en travesti di Romeo) e proiezioni in avanti, in temperie già pienamente romantiche. Difficile di sicuro, per un direttore, trovarne la quadra.
Qui a dirigere l'Orchestra di Padova e del Veneto troviamo Tiziano Severini, e l'impressione immediata è che voglia assolvere ad un incarico di routine. Perché la sua concertazione è fredda, monotona, sfuggente nello spirito; i tempi lenti, a volte al limite del catatonico; e quelli mossi afflitti da pesantezza e compunzione. E stendiamo un velo pietoso sulla componente maschile del Coro Iris Ensamble diretto da Marina Malavasi.
La solita, incombente cornice
La scenografia pressoché invariabile di Filippo Tonon colloca in primo piano una mezza, enorme cornice dorata, spezzata alla base. Idea utilizzata varie altre volte in passato: Francesco Calcagnini, per esempio, ne usò una assai simile nel 2001 al Regio di Parma, per una Traviata più volte replicata; Silvia Trevisani contornò così Il matrimonio segreto, al Teatro Bonci di Cesena nel 2011.
In questo nostro caso, al suo interno, un sipario/vetrata s'alza e s'abbassa, talvolta per svelare un coro che, in base alle indicazioni del regista Stefano Trespidi, si trova obbligato a giocare alle “belle statuine”, magari con qualche riferimento pittorico (Caravaggio, diremmo, per contornare il sepolcro di Giulietta) che costringe tutti in pose rigide, talvolta a movenze da marionetta .
Di una nuova lettura drammaturgica, in verità, non sembra il caso di parlare, dato che l'artista veronese segue ed esplicita il libretto, in piena ortodossia, senza divagazioni. Ma anche senza slanci di fantasia.
Accattivante il disegno dei costumi, usciti anch'essi dalla matita di Tonon: in vari gradienti d'azzurro per i Capuleti, bianco ed ocra per i Montecchi. Le luci sono di Bruno Ciulli.