In Casa di bambola Claudio Di Palma, di cui è interprete e regista, sceglie di riflettere, attraverso l'adattamento curato da Raffaele La Capria dell'opera di Henrik Ibsen, sul rapporto che intercorre tra gli individui e la società, ed in particolare su quella forma di decoro che che si vuol mantenere agli occhi estranei ma giudicanti, e che in realtà è maschera di insoddisfazione.
Attraverso il personaggio di Nora (Gaia Aprea), la quale ha contratto falsificando dei documenti un gravosissimo debito in favore del marito Torvald (Claudio Di Palma) ma ad insaputa di questi, è possibile scorgere quindi l'antinomia individuo-società che vede il soffocamento dell'identità del primo in favore della seconda. Solo posto ciò è possibile addentrarsi nella psicologia di Nora plasmata dal padre, prima, e dal marito, poi; Nora da bambola-figlia, dalle mani del padre a quelle del marito, passa a bambola-moglie; una psicologia, si diceva, un carattere che cozza con quello di altri personaggi a causa della sua ingenuità, quasi una bambina fra gli adulti (e per questo che ella pare quasi più a suo agio con i figli piccoli ed estranei ai giudizi e pregiudizi delle persone adulte). Ed è proprio questa ingenuità, questa mancata esperienza del mondo causata dal fatto che ella fosse reputata inadatta, in quanto donna, a certe responsabilità a far commettere a Nora una leggerezza, il contrarre il debito, a compromettere, una volta venuta a galla la questione tanto a lungo nascosta, la posizione sociale del marito. È nel finale così che il senso dell'adattamento viene a configurarsi pienamente col senso del modello, rendendo quella morale che Ibsen ha voluto trasmettere, che non pare tanto avere un fine scettico ed utilitaristico, ma un fine di autodeterminazione ed autoaffermazione a qualunque prezzo, persino l'abbandono dei figli, atto scandaloso per la morale perbenista. Qui sta l'eccezionalità dell'opera di Ibsen che ancora muove a riflettere.
Anche la recitazione di Gaia Aprea e Claudio Di Palma, che rappresentano, per i motivi suddetti, il mondo dell'ingenuità e quello dell'ostentazione del decoro, è funzionale a sottolineare il rapporto di incontro-scontro tra il mondo dell'individualità e dell'apparenza. Gaia Aprea infatti caratterizza Nora, così come nell'originale, come una donna che vive nella sua torre eburnea rispetto alle responsabilità che nessuno mai le ha affidato. E sì può dire come nel finale, al momento della risoluzione dei fatti, avvenga per Nora una vera rinascita in cui ella smette di essere bambola divenendo, con la sua scelta, padrona di se stessa.
Anche la scenografia, disegnata da Luigi Ferrigno, si conforma alle scelte drammaturgiche. Essa, rappresentando la casa di Nora e idealmente il vicinato prospiciente, è costituita da una pedana inclinata (l'interno), quasi a voler rappresentare la precarietà su cui camminano i personaggi per mantenere la maschera del decoro, e, sul fondo, da un corridoio rialzato (l'esterno) dove è scandito il tempo. I due luoghi sono però fortemente connessi in quanto rappresentano entrambi la "casa" surreale della rappresentazione, «una sorta di sala da interrogatori reciproci e continui per la conduzione di una indagine sul complesso rapporto tra disperazione e speranza» (Claudio Di Palma, Note di regia).
Casa di bambola di Claudio Di Palma risulta quindi essere uno spettacolo che si mantiene fedele all'opera originale e contemporaneamente ne ripropone tutta la potenza del messaggio che verte sul dare al pubblico la possibilità di intendere la dura scelta di Nora come la soddisfazione dell'egoismo o come la ricerca ed il ritrovamento della dignità perduta.
Prosa
CASA DI BAMBOLA
In Casa di bambola Claudio…
Visto il
07-04-2016
al
Mercadante
di Napoli
(NA)