La ventinovesima edizione del Festival Oriente Occidente, uno tra i più importanti Festival europei di danza, sceglie la stretto di Bering come punto di vista privilegiato per analizzare le tendenze culturali contemporanee, e così affianca, in un tentativo di confronto, compagnie provenienti dalla Repubblica Russa, contrassegnate da una grande vitalità e tensione verso l’innovazione, e compagnie provenienti dal Canada e dagli Stati Uniti d’America, che hanno segnato il profondo rinnovamento della coreografia moderna.
Riappare sulle scene Louise Lecavalier. Con la compagnia La La Human Steps di Edouard Lock, è stata lei a incarnare, letteralmente, la straordinaria capacità innovativa del linguaggio fisico del gruppo. Presso l’Auditorium Fausto Melotti di Rovereto, ha presentato due diversi momenti tersicorei: “Children”, un vibrante pezzo a due, dalle note agro-dolci presentato qui in prima assoluta e ““I” Is memory”, un arduo assolo firmato dal coreografo, in cui la danza si fa quasi meditazione, con una lentezza dell’esecuzione ed un minimalismo estremi.
Capelli lunghissimi, corpo muscoloso da amazzone, fisicità violenta e soffocante, capace di spiazzare con imprevedibili scarti di spazio e di ritmo, dove i chiaroscuri dei sentimenti lasciano il posto a una brutalità cruda, Louise Lecavalier, ritiratasi nel 1999 a vita privata, si ripresenta proponendo le sue nuove esigenze artistiche ed espressive.
Più esile, e con una fisicità più attenta al dettaglio minimo, si è ripresentata collaborando con altri importanti autori della scena canadese contemporanea, prediligendo una linea di ricerca attenta all’ascolto del corpo e alla forza evocativa della sottrazione delle energie.
“Children”. Una pièce tragicomica di teatro-danza sugli alti e bassi dell’amore, presentato qui in prima assoluta, firmata da Nigel Charnock, è il primo step di un nuovo percorso interpretativo per la danzatrice canadese. In questo lavoro Louise Lecavalier miscela i diversi idiomi del corpo (voce compresa) per interpretare la propria visione della condizione umana. L’inizio è quasi angosciante, da ospedale psichiatrico o da ventre materno: sulla scena buia e spoglia la danza si produce, quasi sconnessa, in un urlo, che si tace ad un battito di mani, seguito dal suono ligneo di strumenti a fiato e da un vagito, sul tessuto sonoro dei quali si svolgono movimenti lenti, quasi di arti marziali. Segue una mimica quasi tribale, un gioco danzante su un sottofondo di risa gioiose. E’ un omaggio alla fanciullezza, senza digressioni oniriche né accattivanti; a tratti è ironica, ma soprattutto descrittiva. Ma nell’uso del corpo come fosse uno strumento musicale, è anche un implicito omaggio alla maternità.
““I” Is memory” è un progetto solista pensato appositamente per lei da Benoît Lachambre un lavoro minimalista, ma fisicamente molto impegnativo in cui Lachambre forza Lecavalier a discostarsi dalla danza classica per mezzo di suoni bizzarri e movimenti di danza hip hop. E’ un assolo arduo e davvero esigentissimo, in cui Benoît Lachambre chiede alla danzatrice addirittura di perdere la propria struttura portante, facendosi solo massa muscolare che si “scioglie” dentro una tuta da jogging che ne amplifica l’incredibile perdita di corporeità, tensioni e dominio del corpo. E’ uno spazio di memoria pazzesco e fantastico, esteso per mezzo di una parete sonora tessuta da Laurent Maslé. Il solo requisito: una sbarra saldata ad una sedia. La danzatrice discretamente filtra nel vuoto della coreografia. Quanto più le luci sono taglienti, tanto più accentuano il suo corpo, che descrive il suo “personaggio” come un “mutante” che lotta con la perdita di sua identità. E’ una danza al rallentatore, che può apparire molto astratta, a tratti disorientante, in cui li corpo della danzatrice è usato dal coreografo come cera che cola plasticamente da una posizione all’altra, rarefacendo l’atmosfera circostante.
Visto il
04-09-2009
al
Auditorium Fausto Melotti
di Rovereto
(TN)