Prosa
COLLABORATORS

Collaborators, un patto col diavolo

Collaborators, un patto col diavolo

Collaborators è l’ultimo testo di John Hodge - sceneggiatore inglese famoso per Trainspotting, Piccoli omicidi tra amici e The beach - andato in scena in prima nazionale con la traduzione e la regia di Bruno Fornasari al Teatro Filodrammatici di Milano.

Mosca, anno 1938, lo scrittore dissidente Mikhail Bulgakov è in teatro, intento nella messa in scena del suo ultimo spettacolo su Moliere. Irrompono le guardie del KGB che gli commissionano una commedia per festeggiare il sessantesimo compleanno di Stalin per magnificarlo come eroe nazionale. In cambio di questo ‘favore’ le autorità non censureranno il suo Moliere che potrà quindi proseguire nelle repliche.

Costretto ad accettare, Bulgakov si troverà a combattere con la propria coscienza politica e artistica finché una telefonata anonima lo porterà ad incontrare Stalin in persona che, entusiasta della situazione, si metterà egli stesso a comporre la sua personale autobiografia; nel frattempo il dittatore chiede a Bulgakov di svolgere alcune pratiche di governo al posto suo.
Così i ruoli si invertono e i due firmano un tacito sodalizio che si rivelerà una specie di patto col diavolo per lo scrittore, vittima ancora ignara del suo destino.

Sullo sfondo, intanto, viene dipinta una Russia vessata da purghe, duro lavoro, povertà e fame.

Partendo da fatti storicamente veri Collaborators si interroga sui duplici rapporti tra arte e potere, tra regime e cultura, tra censura e libertà, tra clima di terrore e umorismo.

Alberto Mancioppi è perfetto nella parte di Stalin scaltro, bonario, ha in mano una pipa sempre spenta, simbolo dell’illusione e della sua doppiezza, così come Tommaso Amadio, interpreta magistralmente l’intellettuale ansioso Bulgakov, diviso tra la sua natura politica e la complicità con il regime. Bulgakov sembra, a volte, solo un osservatore passivo di ciò che gli succede attorno e non il diretto responsabile di scelte e decisioni fondamentali che porteranno lui stesso e il Paese tutto al Grande Terrore.

La drammaturgia e la regia seguono un percorso lineare fatto dal susseguirsi temporale di scene che creano di volta in volta il giusto clima di suspance e portano al climax finale in cui Stalin si rivela nel suo ultimo incontro con Mikhail Bulgakov, trionfando sullo scrittore ormai compromesso, vittima anche egli del sistema:
“Uccidere i miei nemici è facile. La sfida è quella di cambiare il loro modo di pensare, di controllare le loro menti. E penso di aver controllato la vostra abbastanza bene. È l’uomo che lotta col mostro, Mikhail. E il mostro vince sempre”.

Visto il 30-11-2016
al Filodrammatici di Milano (MI)