Entrare nel nuovissimo Teatro Millelire, nel quartiere Prati – Trionfale di Roma, per assistere allo spettacolo dal titolo inquietante ed intrigante “Coma Profondo”, vuol dire entrare in una realtà suggestiva e surreale fin dai primi istanti: oltrepassato l’accogliente foyer, le sedie all’interno della sala sono disposte, su due o tre file a gradoni, attorno ad una passerella che porta al palco, come a formare una C; su quella passerella, mentre ancora lo spettacolo deve iniziare e gli spettatori prendono posto, si trova già disteso a terra, immobile, uno dei protagonisti, apparentemente dormiente.
Quando la vera e propria performance ha inizio, compaiono poco alla volta gli altri personaggi: è così che l’es, l’istinto di conservazione, l’ego ed il super io di un uomo in coma – che vediamo nel suo letto d’ospedale attraverso una proiezione sul fondo della scena – percorrono in lungo e largo passerella e palco, agitati e frenetici, tentando di ricostruire la dinamica dei fatti che hanno portato l’uomo in quello stato, per aiutarlo a svegliarsi. Ad essere rappresentato è chiaramente il cervello, la mente del protagonista in coma, in un’analisi in parte scientifica, in parte ipotetica e fantasiosa della mente in tante sfaccettature, ciascuna in qualche modo responsabile e colpevole delle scelte dell’uomo.
In un efficace contrasto di personalità ed interpretazioni – l’es, così giovane, atletico, impetuoso ed infantile; l’ego o coscienza, sibillino e criptico; l’istinto di conservazione, pratico e razionale ed il super io, diviso a sua volta in molti altri super io, incisivo e dominante – Josafat Vagni, Matteo Vanni, Edoardo Andreani e Mariangela Calia portano in scena, insieme alla ricostruzione di un personaggio, la narrazione dell’epoca storica in cui ha vissuto e lo fanno con la giusta leggerezza e spontaneità, mantenendo sempre viva l’attenzione degli spettatori, senza mai annoiare.