Ritratto di Bambola: storia di una poetessa che sa di favola

Elena Bucci in ”Corale numero uno - Ritratto di Bambola”
Elena Bucci in ”Corale numero uno - Ritratto di Bambola”

Con “Corale numero uno -Ritratto di Bambola” Elena Bucci accende le luci di scena sulla parabola esistenziale intensa e al tempo stesso sfortunata di Bronislawa Wais, cantante e poetessa di origine polacca di etnia Rom.

Dopo “Laura Betti” e “Juana de la Cruz” ecco per la Bucci un nuovo frammento di universo femminile da raccontare con la delicatezza interpretativa che la caratterizza, ma anche con la consapevolezza di non poterne cogliere tutte gli aspetti e le sfaccettature più nascoste.

Ogni storia può essere una favola

L’unica chiave interpretativa per raccontare senza presunzione una storia che non ci appartiene sta dunque nel rinunciare a un realismo facile quanto scontato, facendo vibrare invece le corde della magia favolistica. Elena Bucci è in scena con una maschera, segno palese di uno straniamento che riconduce la voce a dimensioni ancestrali, indossa un costume dalle fattezze orientali, mentre i suoi gesti sembrano richiamare i millenni percorsi dalle forme di Kabuchi, Katakali e perfino del Teatro No.

La voce si adegua al movimento, scandito dalle note di Dimitri Sillato, mentre il racconto accelera o rallenta, esattamente come una favola che incanta e trascina in dimensioni altre. La Bucci s’insinua nelle pieghe profondamente dolorose o ebbre di gioia della Wajs, artista perfettamente integrata alla propria comunità ma che dopo la pubblicazione delle sue opere, grazie all’incontro con un poeta polacco, viene emarginata e condannata alla solitudine dalla sua stessa gente.


Culture e libertà

Bambola, così il nonno chiamava la Wajs, resta così sospesa tra due culture, quella nomade delle comunità zingare e quella ufficiale e stanziale dello stato, ma tale sospensione rimane inaccettabile e proprio per questo entrambe le parti la puniscono. Le culture, qualunque siano, sono in grado di generare pericolosi conformismi e ridurre gli spazi di libertà. Lo spettacolo dipana la storia di Bambola dalle feste notturne cui assiste da bambina alla barbarie naziste che le strappa la famiglia, dalla testardaggine del nonno che le insegna a leggere e a scrivere fino ai teatri in cui si ritrova catapultata a cantare il ricco patrimonio della tradizione zingara.

La Bucci è attenta a non sovrapporsi mai al suo personaggio, rinunciando a qualsiasi forma di immedesimazione, tranne forse in un brevissimo squarcio in cui emozionata e titubante incontra il poeta polacco che segnerà la sua fortuna ma anche l’inizio della fine. Danza la Bucci, danza su un tappeto rosso che ricorda Peter Brook, e la sua danza è fatta di parole che a volte si fanno canto a volte invece pianto, mantenendo sempre l’equilibrio di chi sa che una favola va raccontata con dolcezza e senza strappi. La maschera resta al suo posto, copre il volto ma amplifica le movenze, il racconto non si fa mai cronaca o scansione biografica, piuttosto segue il filo dell’emozione e della narrazione interiore. Una favola, a suo modo, è sempre un mito e i miti, si sa, hanno radici nell’animo degli uomini.


Septtacolo: ”Corale numero uno - Ritratto di Bambola”
Visto al Teatro Ca’ Foscari di Venezia.