In The Country Crimp, con un gusto ironico moderato dal più rigoroso degli aplomb inglesi, pone il pubblico dinanzi un racconto che descrive e delinea i rapporti di forza all'interno della famiglia borghese, tra marito e moglie, tra marito e amante e tra marito e collega di lavoro e complice.
Lo fa con una commedia (splendidamente tradotta da Alessandra Serra) che deve tutto alla parola, al suo suono (le parole ribadite tra domanda e risposta dei personaggi) al suo stile e alla cronologia con cui fatti e dettagli vengono dati.
Un testo dalla forza icastica talmente immensa che potrebbe benissimo essere allestito come lettura senza perdere di efficacia o importanza.
Il decoro e l'apparenza, che Crimp indica essere ancora e sempre il fulcro di ogni convenzione borghese, non servono solo a tenere unita una famiglia che si sarebbe dovuta dissolvere già da tempo, quella di Corinna e suo marito Richard, trasferitisi in campagna (da cui il titolo della pièce) dalla città per cercare di dare un nuovo slancio al matrimonio (quintessenza di ogni cliché familistico-borghese), decoro e apparenza servono a dissimulare le azioni più abiette che gli esseri umani, gli uomini, possono compiere in nome della famiglia, in realtà per loro stessi.
Azioni abiette che non vengono mai mostrate da Crimp sulla scena, ma alluse, lasciate intendere, fatte accadere in un prima o un dopo, fuori della scena, e del teatro, che si riallaccia alla vita vera dei personaggi, al loro vero agire che non è mai rappresentato sul palcoscenico proprio come nella tragedia attica dove l'azione, i fatti, i gesti, accadevano sempre altrove.
In scena Corinna e Richard si limitano a parlare, a prodursi in una rappresentazione concreta di quel decoro che sembra essere l'unica cosa che conti.
I personaggi non sono chiamati ad agire ma a sottrarsi alla testimonianza della loro disperazione, della loro ferocia, dei gesti che hanno compiuto o compiranno fuori dalla scena in una pièce scritta con gusto letterario così esigente da richiedere ai suoi interpreti la più alta delle performance per sostenere una drammaturgia basata apparentemente sul nulla.
Nella messa in scena di questa dissimulazione il pubblico è reso così testimone, non già dei delitti, più d'uno, compiuti dai personaggi, ai quali non assiste ma che, se è attento e non si distrae, può solo intuire.
Questa narrazione interstiziale tra un delitto e l'altro, per così dire, rende il pubblico testimone di un gioco delle apparenze del quale la borghesia, cioè, in ultima analisi, il pubblico stesso, è oggi incapace di affrontare con vaglio critico in tutto il suo portato.
Se una volta il teatro era uno specchio delle nostre vite borghesi oggi lo specchio teatro riflette il vuoto di un'esistenza dislocata altrove, fuori dal palcoscenico, cioè fuori dal vaglio critico, dalla coscienza collettiva.
Non è venuta a mancare la funzione critica del teatro, che continua a registrare dinamiche e ruoli della famiglia borghese. E' venuto a mancare il pubblico, incapace di uno sguardo critico, tutto preso a comprendere e a rimettere insieme le tessere del puzzle per poter apprezzare l'immagine d'insieme.
Dietro la superficie della trama si nasconde una realtà seconda che è il vero fuoco del racconto che rimane celato nella misura in cui spettatori e spettatrici non si pongono in maniera critica nei confronti di quel cui assistono.
Un testo così può risultare inconcludente (non vi succede niente), noioso, se non difficile, chiedendo ai suoi interpreti misura e precisione chirurgiche nell'esecuzione, un'energia nell'interpretazione che da sola può garantire realtà consistenza e coerenza ai personaggi.
Richiede anche un pubblico all'altezza, certo, un pubblico in grado di capire, ma questo scarto fa parte della drammaturgia.
Se il pubblico fosse più solerte, più attento, The Country perderebbe parte della sua ragione di essere.
Un testo che nel suo porsi al pubblico non solo ne evidenzia la labile attenzione, lo scarso vaglio critico, ma ne presuppone la necessità.
Roberto Andò ha la fortuna di allestire la pièce con delle attrici e un attore che si offrono totalmente al testo senza cercare strumenti per il proprio ego di performer rimanendo tutte e tutto dentro i personaggi chiamati a interpretare.
Un'altra eccezione alla norma quella dell'attore al servizio del testo e non il testo al servizio dell'attore, cui molto teatro borghese ultimamente ci aveva abituato, che rende questo allestimento notevole, da molteplici punti di vista.
Non ultima la scenografia che si limita a suggerire l'interno borghese di quel che era originariamente un granaio, nel quale campeggia una enorme finestra a parete attraverso la quale traspare la luce del sole connotando le varie scene, tutte contenute in un atto unico, in diverse ore del giorno e della notte.