Spirito di sacrificio, nobiltà d'animo condotta all'estremo, amore incondizionato, sorda sofferenza causata da un pregiudizio duro a morire, eroismo in battaglia sono gli ingredienti, cari all'animo romantico e neoromantico, che rendono il Cyrano di Rostand un classico dell'immaginario collettivo e che già ne decretarono il successo durante la prima rappresentazione risalente al 1897. Cyrano rappresenta per tutti la forza della poesia, la potenza di un eloquio che sa incantare, che sa convincere, quasi egli fosse un epigono del celebre Orfeo della classicità che col suo canto commosse persino Persefone nel buio degli inferi; è un eroe temerario coi nemici, ma così nobile e idealista da sacrificarsi per l'amata, giungendo al punto di aiutare il rivale nella speranza di renderla felice.
Tutti aspetti questi ben sottolineati dall'interpretazione di Jurij Ferrini che dello spettacolo ha curato la traduzione, l'adattamento, la regia. Il suo Cyrano è un personaggio essenziale, spigoloso, privo talvolta di compostezza formale così da mettere maggiormente in luce le sue doti interiori, a tratti ricco di umorismo, ma sempre permeato di una forte umanità. Pochi ed essenziali gli elementi scenografici pensati da Gaia Moltedo, solamente funzionali ad un'azione tutta incentrata sulla forza carismatica di una recitazione scabra, vivace e incisiva. Efficacissimo l'incipit, ben sottolineato dalle luci di Francesco d'Elba, che punta verso il metateatro e durante il quale il protagonista fa il suo ingresso in scena interrompendo lo spettacolo di Montfleury, attore che egli odia. Al fianco di Ferrini, a completare il quadro di uno spettacolo in cui iperrealismo e romanticismo arrivano a toccarsi, la bellissima Rossana di Rebecca Rossetti e il narcisista Cristiano di Raffaele Musella.