Lo spettacolo, se così vogliamo considerare una lettura musicata, trae origine da una lunga lettera che Oscar Wilde scrisse nel 1897 a Lord Alfred Douglas, il giovane da lui amato, dal carcere di Reading dove si trovava da quasi due anni. Questa lettera, conosciuta col titolo di De Profundis, è l’angoscioso racconto della discesa agli inferi del grande scrittore, imprigionato a seguito di un processo per omosessualità. Claudio Marconi ne ha fatto una riduzione che ben si sarebbe potuta prestare ad essere occasione di una partitura musicale e di una sceneggiatura attuale, tuttavia una voce fuori campo e Marconi che si sposta tra cinque leggii non si possono ritenere una soddisfacente regia.
In breve: sulle tavole del palcoscenico del teatro Ariosto la voce recitante di Claudio Marconi interagisce con la partitura tecnologico-musicale di Matteo Pennese e Walter Prati, creando non già un amalgama originale, quanto piuttosto una semplice giustapposizione. Originale infatti è la partitura musicale, ma non esattamente sorprendente, e non riesce a restituire il testo di Wilde in tutta la sua forza e straordinaria contemporaneità.
La musica non contribuisce a costruire un oggetto unico con la parola, e la struggente decadenza di questo intenso testo dell’autore irlandese non ne risulta né evidenziata, né attualizzata.
Parole dunque che non si fondono con la musica, ma che la musica semplicemente intercala. Tali elementi vanno a comporre un reading dalla struttura zoppicante e non coinvolgente, che non favorisce la piena immersione nell’esperienza teatrale e sonora dello spettatore, seduto a terra sul palcoscenico.
Prosa
DE PROFUNDIS
Lo spettacolo, se cos&igra…
Visto il
13-10-2013
al
Ariosto
di Reggio Emilia
(RE)