Una scena concreta e astratta al contempo. Un serie di stazioni dove si svolge l'azione: il tavolo per la colazione, il mobile col telefono, la cucina, la camera da letto al di là della quinta, campeggiano indisturbati nella scena altrimenti vuota.
Elementi sottolineati dalle luci, che illumineranno le varie zone della scena quando serve.
Un ragazzo in slip entra in scena, spaesato. Solo, si guarda in giro.
Non sai chi sia la donna che entra con una sporta della spesa. Non sa nemmeno perchè è lì. Lei gli dice che gli racconterà tutto.
Inizia così l'incontro tra Sandro e Laura.
Veramente è cominciato la sera prima. Lei lo ha trovato svenuto davanti il portone di casa, gli spiega. Pioveva, era fradicio, per questo Sandro è in mutande, i suoi vestiti sono ad asciugare. Senza documenti e con della droga nelle tasche (non so dire che tipo di droga sia ma so riconoscere la droga) Laura decide di portarlo a casa invece di chiamare l'ambulanza.
E ora Sandro e Laura si conoscono, ora che Sandro ha ripreso i sensi ed è ababstanza lucido per parlarle, o mettere mano al suo cellulare dando subito appuntamento a qualcuno che gli deve dei soldi.
Già con questi pochi elementi Sandro e Laura si stagliano come personaggi di notevole spessore, con un passato che ignoriamo ma che pesa sulle loro vite facendoli muovere con cautela e reticenza anche se, una volta tanto, escono dai rispettivi gusci in cerca di un contatto, senza temere che l'uno possa giudicare l'altra, perchè vivono entrambi la stessa condizione di solitudine.
I silenzi, le reticenze, il tempo che passa tra una frase e l'altra, dicono al pubblico molto di più degli scarni dialoghi con cui Laura e Sandro si indagano, in un testo che rende vero e vivo questo lacerto di vite che si incontrano per caso e che altrettanto per caso sembrano portate sul palcoscenico.
Giovanni Franci sa infondere ai suoi personaggi una umanità e una concretezza che, per quanto lo distinguano e lo rendano immediatamente riconoscibile come autore, sorprendono a ogni suo nuovo lavoro, per la capacità sempre nuova di catturare il pubblico nel seguire un racconto volto, stavolta come sempre, alla de-costruzione impietosa ma necessaria della famiglia, dei rapporti familiari, quelli reputati più veri perchè di sangue.
Sandro e Laura si scrutano, si confrontano senza dirsi troppo. Poi, si raccontano un sogno che hanno avuto la notte appena trascorsa, aprendosi improvvisamente.
Un ricordo di infanzia per lui, colto in un attimo di tempo senza fine, nella sospensione chimica in cui sembra vivere; un amore trascorso per un tossico e un figlio avuto in troppa giovane età per lei.
Un racconto sofferto quello di Laura, in un crescendo monologante - Sandro è nell'altra stanza a farsi - che costituisce il climax dello spettacolo.
Dopo, nella seconda parte, quando il testo comincia a spiegare i retroscena, le trame segrete, e ribalta la situazione con un colpo di scena repentino, il racconto si fa meno convincente, meno icastico, divenendo a tratti banale perchè facile, adducendo spiegazioni che si rifanno a fatti di cronaca che leggiamo tutti i giorni sui giornali ma che non son inseriti nel vissuto dei personaggi agendo come mere deux ex machina, un po' troppo calate dall'alto.
La regia, ruvida, e che deve lavorare forse ancora un po' sui tempi e i modi delle luci che illuminano ora questa ora quella parte della scena, disorienta un po' lo spettatore nella seconda parte dell'atto unico, contraendo troppo i tempi dell'agnizione finale dei personaggi senza lasciare davvero il tempo al pubblico di metabolizzare quanto è accaduto.
Alessia Di Francescantonio interpreta Laura con una recitazione apparentemente disinvolta in realtà misurata e sapiente, dosando magistralmente tempi e sottotesti raggiungendo una intensità inarrivabile nel monologo del sogno.
Valerio Di Benedetto è un Sandro perfetto quando gira in slip, spaesato come un gatto curioso nell'appartamento di Laura, o quando si lascia aiutare da lei, mentre convince di meno quando spiega fatti e circostanze, anche a causa di una regia che sostiene meno entrambi gli attori verso il finale che ci sembra più affrettato e meno curato del resto.
Così come colpiscono in positivo alcuni dettagli che, da soli, dicono molto sui personaggi (il rapporto che Laura ha, nella clinica dove lavora come infermiera, con un malato terminale) dispiacciano altri dettagli, la cui reiterazione non può essere un caso, che vedono Sandro e il ragazzo del quale Laura è stata innamorata prostituirsi entrambi con degli uomini. E se Laura non capisce a cosa si riferisca quando Sandro accenna al suo lavoro, nel monologo del sogno capisce benissimo cosa faccia il suo amato e non ha remore a dire che la cosa le faccia schifo.
Ma sono dettagli che nulla tolgono al valore della scrittura preziosa di Franci, al talento sempre nuovo che ha nel saper creare con pochi tratti essenziali personaggi veri, vivi, che sadicamente soffoca nell'agnizione finale strappandoli dal cuore del pubblico nel quale si erano già istallati.
DEL MIO SANGUE
Personaggi veri per un testo dal finale irrisolto
Visto il
13-12-2012
al
Cometa Off
di Roma
(RM)
DEL MIO SANGUE