“Siamo vecchi. Veramente vecchi”: la frase lapidaria pronunciata dal Principe di Lampedusa (Claudio Di Palma) raccoglie in sé il messaggio di di Ruggero Cappuccio.
I fantasmi dell’antica aristocrazia siciliana, piegata di fronte all’ascesa borgese postunitaria, rimpiange l’antico fasto nella consapevolezza del suo annichilimento, portandola di conseguenza a bramare quei "desideri mortali" che la conducono ad una più grave presa di coscienza della propria dissoluzione.
Desideri mortali è la rievocazione del mondo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, nutrita dalle reminiscenze dell’opera del Principe: ecco il , di cui si rievoca fin dall’inizio la scena della preghiera che introduce l’ingresso dei caratteri del romanzo; ecco Lighea, che incarna la figura del mare, che con le sue onde ritmiche simboleggia quel “tutto cambi, affinché nulla cambi”; ecco i Ricordi d’infanzia. La rievocazione del mondo del principe si concretizza nella rievocazione di un mondo esteriore, di un mondo fatto di cose. Recita : ”In vita sono stato più attaccato alle cose che alle persone“. In vita, perché quelli che prendono forma sulla scena di Desideri mortali non sono persone in carne ed ossa, ma fantasmi che finanche dopo la morte, nel completo oblio dell’identità, continuano a desiderare il loro buon tempo ormai perduto.
“Chi avrebbe mai potuto immaginare che anche dopo la morte si sarebbe continuato a sognare… Il nulla sarebbe stato di gran lunga migliore“. Quasi come in un contrappasso, nelle parole finali di Di Palma si trova quella pulsione di amore e morte che attraversa tutta la drammaturgia. Nella morte esiste il rimpianto per la fascinazione della morte provata in vita; e la constatazione dell’immobilità della morte riporta, ancora una volta, alla verità del “che tutto cambi, affinché nulla cambi”.
Una grata sul volto
A simboleggiare in la perpetua prigionia dei personaggi all’interno del loro mondo decaduto è anche i suggestivo disegno luci curato da Nadia Baldi, figura in apertura e chiusura dello spettacolo una pesante grata che pesa sui volti degli attori. Essi si muovono prigionieri, infatti, di un mondo vuoto; la scenografia di rievoca un bianco che dilata all’infinito una scena immobile. E a muoversi in questa scena sono figure reali come quella di Beatrice Mastrogiovanni Tasca di Cutò, madre del Principe, (Marina Sorrenti) o dello stesso Lampedusa, a cui si affiancano quelle letterarie del Gattopardo come Tancredi Falconieri (la cui identità è impersonata da Di Palma) Angelica Sedara (Ilenia Maccarone) o Marianna la prostituta (Gea Martire).Inoltre, l’impianto dell’opera pare ricalcare quello della tragedia classica con la presenza di un coro (dannato), impersonata dalle figure femminili, e quello del protagonista, che cuce insieme i vari momenti scenici. è pensato per sfociare a tratti nella prosa lirica, e rende a pieno, soprattutto nei toccanti monologhi di Di Palma