‘Sei in attesa, di fronte a quello che è l’ingresso di uno spazio storico per le arti ed improvvisamente, alzando lo sguardo, sei proiettato in un luogo diverso. Altri colori, altre forme, donne ed uomini disinibiti che aspettano un tuo cenno per proseguire nel loro gioco della seduzione. Luci rosse, una musica suadente che fa abbandonare le ultime note di normalità e finalmente, sei dentro un ventre di piacere.’
Queste le prime sensazioni che lo spettacolo Dignità Autonome di Prostituzione evoca. Ma sono poca cosa rispetto a quello che altro ancora si presenta in platea, in proscenio, sul palco, toccando le zone segrete forse anche ai tecnici del Brancaccio. In un paesaggio che mescola inferno dantesco e circo, con impresso sul fondo del palco l’articolo 9 della Costituzione, Melchionna in un intrigante gioco teatrale ricrea un bordello, una "casa chiusa dell'arte’, dove l'attore è alla mercé del ‘cliente’ di turno, una provocazione raccontata già dal titolo stesso.
Lo spettacolo di Melchionna (tratto dal format di Luciano Melchionna e Betta Cianchini) pone il luogo scenico come un postribolo per lo spettatore/cliente che munito di "dollarini", il denaro ricevuto con il biglietto d'ingresso, paga le performance degli attori/prostitute scelti, contrattando direttamente con loro o con le maitresses tenutarie della casa. Di fatto, gli attori "vendono" i propri monologhi, la propria arte. Gli spettatori in sala vengono circondati e presi, "rubati" agli altri, già prima ancora di sedersi in platea ed assistono a ‘pillole di piacere teatrale’.
Per Dignità Autonome di Prostituzione non si fatica a credere che abbia vinto due Golden Graal e che sia un successo costante dal 2007. La genitalità del format è indiscussa. Grazie anche alla scelta ponderata e vincente degli attori/prostituti che Melchionna porta dentro questo vortice di arte e di magia. Ogni pillola prestata al pubblico lascia un segno. Che sia un sorriso, una lacrima, una riflessione incondizionata, è qualcosa. E’ una pressione animica, l’istinto liberato dallo spazio scenico stesso fino all’urlo che affranca dal modo obsoleto di fare arte autoreferenziale. Non solo non si esce a mani vuote, tranne i dollarini che vengono spesi, ricomprati e spesi ancora. Si parte con la voglia di ritornare presto in quel luogo dove viene lasciata fuori la perdizione di un mondo che non ricorda cosa significhi lottare per un diritto, per la magia e la libertà.
Un invito ad entrare nel bordello, toccare gli attori ma senza esagerare con le loro ali. Abbiamo ancora tanto bisogno di volare.