Un debutto molto atteso, quello della versione italiana di Dirty Dancing, show teatrale tratto dal film cult del 1987 che vedeva protagonisti Jennifer Grey e l’indimenticabile Patrick Swayze.
Dallo schermo al palcoscenico: il successo di un format
Tralasciando le considerazioni su quante generazioni continui a segnare la visione del film, sono però necessarie delle premesse: la versione per il palcoscenico è un format che dal 2004 gira tutto il mondo (Australia compresa), riprendendo fedelmente (forse anche fino all’eccesso) la sceneggiatura del film, firmata da Eleanor Bergstein, la quale, oggi, per il team creativo italiano guidato da Federico Bellone, si è dimostrata un valido sostegno che ha permesso di “portare a casa l’intera operazione”.
Il fatto che lo spettacolo segua fedelmente la versione cinematografica non è un grave danno, ovvero non ci si annoia, ma il ritmo di alcune scene ne risente.
Il pubblico femminile ringrazia
Gradevoli videoproiezioni (a volte inaspettate) rendono in teatro ciò che non è possibile prendere in prestito dalla macchina da presa (gli esterni del villaggio vacanze Kellerman). Si creano, tuttavia, diversi “vuoti scenici”, anche se la convinzione diffusa è che tutto abbia un suo perché. L’adattamento di Alice Mistroni segue con disinvoltura la sceneggiatura cinematografica, strizzando decisamente l'occhio a una ipotetica e parallela realtà italiana anni Sessanta.
Immancabili momenti strapp-applausi e gridolini del pubblico femminile, come quando Baby e dice a Johnny, dopo aver trascorso con lui la sua prima notte d’amore: “Sei un bravo insegnante".
Recitare un ruolo, non un persoonaggio
Il giovane Gabrio Gentilini (Johnny) dimostra, in effetti, di essere un bravo insegnante. Le sue scene migliori sono quelle in cui prepara l’inesperta Baby alla competizione di ballo presso lo Sheldrake Hotel. Serio, ma disinvolto nei movimenti, deve ancora sviluppare maggiore padronanza a livello interpretativo, vale a dire recitare un ruolo e non un personaggio.
Sara Santostasi può essere la Baby giusta, ma almeno per il momento, resta ancora chiusa nel personaggio dell'alleva che apprende. Federica Capra (Penny) stupisce sfoggiando gambe chilometriche e un fisico perfetto, ma adotta una recitazione incredibilmente atona; alla voce di Marco Stabile sono affidati i momenti musicalmente più emozionanti dello spettacolo, da In the Still of the Night, fino al celebre tema finale (I’ve had) The Time of My Life.
Gli interpreti adulti dimostrano senza dubbio la loro esperienza di palcoscenico e sono quelli che danno man forte ai giovani protagonisti e a tutta l’ensemble, che, nel complesso, fa palesare la necessità di un maggiore e approfondito rodaggio, per il quale c'è ancora tutto il tempo.
L’orchestra dal vivo diretta da Simone Giusti completa egregiamente questa cornice, anche se, considerando i molti brani presenti nello spettacolo, sembra non venire impiegata (nel tessuto dello show) al massimo delle proprie potenzialità.