Senza dubbio quando il registra Grahm Vick ha ideato questo Don Giovanni avrà tenuto conto della scia di polemiche e alzate di scudi che ha provocato anche nel Teatro Valli di Reggio Emilia. Indubbiamente è un allestimento che piace o non piace, non c’è via di mezzo. Il Don Giovanni di Vick non è solo un’attualizzazione dell’opera mozartiana, ma una vera e propria reincarnazione del libertino nel mondo contemporaneo, nella peggiore delle società, in cui la violenza, lo stupro, il sopruso la fanno da padroni. Con lo scenografo Stuart Nunn lo ha ambientato in una triste e squallida periferia dove tutto porta al sesso vissuto in modo violento, dove mutandine di donne vengono utilizzate per uccidere il vecchio Commendatore e come merce di scambio, il protagonista si inietta una dose di eroina mentre Leporello gli stira la camicia, donna Elvira entra in abito da suora (forse per evocare il desiderio finale di andarsene in convento), gli invitati alle nozze di Masetto sniffano cocaina fino a cedere a una furia orgiastica. Vick studia a fondo il dramma del personaggio e il suo animo e la regia si poggia su idee chiare che non stravolgono il libretto in nessun punto, ma purtroppo non basta per reggere la complessa opera e per convincere il pubblico, non basta un’idea che è già vecchia in quanto utilizzata da oltre trent’anni dai registi del nord Europa. Vick si scontra con questo suo desiderio di svecchiare un’opera presentandola già obsoleta. L’esperienza del maestro si è vista in modo positivo nella creazione di personaggi scavati a fondo nel loro interiore. Nessuna regia scandalosa, perciò, nessun motivo alle ingiurie a sipario aperto lanciate da diversi spettatori, una regia che nè più né meno risente di un clima di tardiva innovazione che altri registi hanno utilizzato in più parti da tempo.
Alla guida dell’orchestra I Pomeriggi Musiali di Milano, Josè Luis Gomez-Rios ha faticato a tenere compattezza e unità tra buca e solisti e ha condotto una direzione il più delle volte lenta, ma tutto sommato è riuscito a dare alla partitura mozartiana sufficienti sfumature per non sembrare troppo piatta e monotona.
Il baritono greco Dionysios Sourbis incarna perfettamente le fattezze di Don Giovanni per prestanza fisica a cui unisce doti canore valide e una voce ben calibrata e dal timbro tendenzialmente scuro; peccato per un vibrato che ogni tanto fa capolino. Disinvolto Leonardo Galeazzi come Leporello; la sua recitazione va di pari passo con la sua voce squillante e da baritono brillante, la tecnica sicura gli permette di entrare pienamente nella parte. Mariateresa Leva è una Donna Elvira con grosse potenzialità vocali, il ruolo le va un po’ stretto, ma riesce comunque a superare la prova con grande dignità e personalità. Ekaterina Gaidanskaja è una corretta Donna Anna ma la voce non è delle migliori e non convince molto nel primo atto, riscattandosi poi ampiamente nel secondo. Matteo Mazzario riesce a superare a pieni voti la parte di Don Ottavio; la sua è una bella voce giovane con un bel timbro. Alessandra Contaldo è una Zerlina dalla voce morbida, brillante e con varietà di accenti e coloriture: convince appieno. Davide Giangregorio è un giovanile Masetto, corretto e spigliato. Infine, ma non ultimo, il Commendatore di Cristian Saitta, giovanissimo cantante ma che possiede una salda emissione e una voce profonda e sonora. Buona la prova del Coro del Circuito Lombardo preparato da Dario Grandini.
Teatro Valli esaurito con un pubblico troppo freddo e decisamente polemico sulla regia, salvati i cantanti dai meritati applausi finali.