Lirica
DON PASQUALE

La cassaforte di Don Pasquale

La cassaforte di Don Pasquale

Un vecchio arcigno ed avaro, metaforicamente ripiegato su se stesso e, all'atto pratico, rinchiuso all'interno di una dimora che non è altro che un'enorme cassaforte, usbergo e difesa contro eventuali ladri del suo patrimonio, ecco in poche parole la figura di Don Pasquale che Andrea Cigni propone al suo pubblico in un allestimento già presentato in ben otto teatri di Francia e riproposto quest'anno nei cartelloni di OperaLombardia. Contraltare di questo mondo grigio e autoreferenziale, Ernesto e soprattutto Norina si presentano come una ventata di freschezza giovanile, appassionato di sport lui, entusiasta e colorata lei che fa il suo ingresso in scena seduta su un'altalena di fiori intrecciati, all'interno di un giardino animato da uccelli e farfalle, rischiarato dalla luce di un cielo terso che fa da sfondo a questa ludica epifania. La vicenda, via via che si dipana, diviene sempre più esilarante grazie a una recitazione volutamente eccessiva e a una serie di quadretti che vedono come protagonisti anche un Malatesta macchiettisticamente tratteggiato come un dandy esagitato e tre vetusti servitori semi mummificati che si ringalluzziranno solo dopo le munifiche elargizioni di Sofronia/Norina. Belle le scene e i costumi di Lorenzo Cutuli che riportano l'azione agli anni Cinquanta del Novecento, quasi a indicare l'universalità e la atemporalità di una vicenda che, seppur utilizzando il registro buffo, mira ad indagare l'animo umano. L'atmosfera è lieve, la realtà è farsescamente rappresentata e l'occhio del regista ammicca sempre alla risata che egli sa ottenere puntualmente da un pubblico molto divertito, ora ricorrendo a trovate davvero argute e felici, ora utilizzando stratagemmi maggiormente prevedibili, ma ugualmente di sicuro effetto.

Paolo Bordogna è un Don Pasquale di vaglia, scenicamente affabulante ma senza eccessi, vocalmente solidissimo: i gravi sono pieni, sonori e ricchi di armonici, l’emissione naturale in ogni momento, accenti e sfumature appaiono curati in tutti i dettagli. Maria Mudryak è una Norina volitiva e prorompente che ben presto assume i tratti sexy e conturbanti di una Marilyn in rosa: la voce presenta un retrogusto vagamente metallico che di primo acchito non la rende gradevolissima ma, nonostante la giovane età, palesa già una tecnica di tutto rispetto che si accosta a una potenza vocale e una pienezza di corpo non specificatamente da soprano leggero. Pietro Adaini nel ruolo di Ernesto è un innamorato appassionato dal timbro chiaro e dall’acuto svettante; la linea di canto è sicura e una maggior attenzione a sfumature, sillabato e mezzevoci lo renderebbe davvero completo. Carlo Ruiz è un “coloratissimo” Malatesta che sfoggia, oltre che abiti eccentrici, un bello strumento dal colore scuro; se si eccettua qualche piccolo problema nell’esecuzione delle agilità, non c’è dubbio che egli sappia affrontare il proprio ruolo in modo più che soddisfacente. Divertente il Notaio di Claudio Grasso.

Christopher Franklin, alla direzione dell’Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano, sa imprimere brio e freschezza alla partitura in piena sintonia con le scelte registiche, staccando tempi precisi e ricercando un suono leggero, ma frizzante. Buona la prova del Coro OperaLombardia preparato da Diego Maccagnola.

Visto il 19-11-2015
al Ponchielli di Cremona (CR)