Dreamed apparatus di Clément Layes, presentato alla Biennale Teatro 2018, è a tutti gli effetti un’installazione performativa, concepita in maniera molto semplice ma non per questo meno efficace. Un performer, armato di un bastone che rilascia sabbia bianca, disegna su una pedana una serie di linee che si incrociano e si inseguono, ma che soprattutto vengono immediatamente cancellate da un altro performer. Uno schema molto semplice, per l’appunto, ma al tempo stesso capace di proiettare le linee in una visione onirica che ricorda, come avverte il programma di sala, il “sognare una linea” che Henry Michaux attribuiva all’opera di Paul Klee.
Gli oggetti quotidiani
Da molto tempo Clément Layes lavora sul ripensamento degli oggetti quotidiani, ovvero la possibilità di rivedere il rapporto tra l’oggetto e il suo contesto, quando il contesto è quello dell’apparato teatrale: luci, attori, palcoscenico. In questa sua ricerca il ruolo della performance acquista un valore particolare rispetto all’idea teatrale compiuta. Il contesto dell’apparato teatrale, infatti, tende a scomparire o quanto meno ad assottigliarsi, a vantaggio di una dimensione concettuale rarefatta e non materiale, come invece lo è il teatro fatto per l’appunto di luci, attori e palcoscenico. In Dreamed apparatus questa dimensione concettuale e rarefatta è molto evidente, sebbene la sottrazione dell’elemento recitativo punti a una maggiore immediatezza realistica: tra performer e spettatori la distanza è minima.
L’atto teatrale
C’è però un ma in tutto questo. Clément Layes non crede, è evidente, a una distinzione tra performer e attore, così come non ci crede il direttore Antonio Latella, tuttavia se la distinzione non è più necessaria, è invece necessario ribadire che il valore delle azioni su un palcoscenico, o di fronte a un pubblico, sono l’essenza più antica del teatro.
Tutto ciò che viene fatto da un attore che racconta una storia è speciale. Una linea di sabbia bianca diventa sogno, si smaterializza perché viene continuamente cancellata e reiterata per circa 60 minuti diventa un’esperienza emozionale, ma questo può accadere anche con la recitazione e se c’è una drammaturgia testuale da rispettare. In spettacoli come Dreamed apparatus la distinzione tra performer e attore appare perciò paradossalmente più evidente, viene meno proprio quella completezza di gesto e parola, movimento e drammaturgia, che rende l’atto teatrale veramente tale.Spettacolo: Dreamed apparatus
Visto al Teatro alle Tese di Venezia.