Una scena postmoderna attraverso le ambientazioni distopiche alla MadMax (di Alessandro Camera), ed ancor più con costumi di Andrea Viotti, catapultano l'atmosfera del teatro greco di Siracusa in un tempo ed un luogo che con il suo rosso ruggine conserva un notevole quanto sorprendente effetto “originario”, rispetto alla Elettra cantata da Sofocle nel V secolo a.c. Eppure anche alcuni tratti sembrano inizialmente caricati di una maggior dose di personalizzazione, spesso nel senso dell'intensità, dagli affanni di Oreste (Jacopo Venturiero) all'esagitata disperazione della stessa Elettra (Federica De Martino), ad un continuo correre in scena di molti dei personaggi (come il Pilade di Massimiliano Aceti), oppure con il tripudio rosso e nero del coro che ondeggia disponendosi all'accompagnamento dei dialoghi.
Tuttavia, l'insieme è assai convincente, la mano della regia di Gabriele Lavia riesce ad innovare cogliendo aspetti che anzi, perfino esaltano la tradizione, e soprattutto intersecano storia e luoghi con gli elementi più cari alla tragedia, presentando una consecutio di prologo, parodo, episodi, stasimi ed èxodos molto confortante, a partire proprio da un coro (ben più numeroso dei 15 elementi di Sofocle) che si struttura in forma dialogica, tra il corifeo ed il suo interlocutore (l'hypokrités, l'attore), ma anche nella forma del commento autonomo.
Ad attendere da indesiderato a Micene Oreste, figlio di Agamennone, che torna per vendicare la morte del padre (ucciso dalla moglie Clitemnestra e dal suo amante Egisto per usurparne il trono) è una figura -Clitemnestra- furiosa per la sorte della figlia Ifigenia e per la conseguente vendetta covata in seno, ed impersonata in maniera superba da una Maddalena Crippa che con ogni ragione si è vista poi riconoscere il Premio Siracusa Stampa Teatro 2016, grazie all'eleganza ed alla altezza conferita ad una figura austera e complessa insieme, contraddittoria eppure apparentemente salda nelle sue decisioni.
Una rappresentazione che ha offerto notevoli spunti di gratificazione ad un pubblico giustamente entusiasta, che ha goduto di punti di osservazione interessanti su caratteri come quello di una Elettra che unisce la potenza psicologica ad una fragilità quasi infantile, nel suo immenso odio verso la madre e il suo amante restando sempre immacolata come una bambina ferita e tradita; e ancora, su interpretazioni come l'ottima rhésis offerta con il racconto del fatto di sangue dal pedagogo (Massimo Venturiello) sulla morte di Oreste.
Merita una doppia riflessione anche l'accompagnamento musicale, includendo in esso anche il trascinante uso del coro, un corpo che come un'onda entra minacciosa ed esce con dolcezza, intona alti lai ma non ripropone in toto gli elementi coreutici e metrici; nell'interessante gestione della musica, è un complimento osservare, rispetto alla freddezza della colonna sonora che proveniva dall'esterno, quanta differenza avrebbe fatto un'orchestra formata da aulos, lyra, kithara, barbitos, tympana, kymbala, krotala, rhombos, trigonon, pektis e magadis nel sottolineare i momenti di pathos; come del resto piaceva anzitutto a Sofocle, precursore dell'armonia modale frigia (qui giustamente presente infatti, nelle musiche di Giordano Corapi), lui che fin da bambino era dedito alla danza ed essendo anche, secondo quanto si narra, ottimo citarista.