Nel ricco programma musicale di MITO SettembreMusica il 18 settembre è stato presentato al Piccolo Teatro di Milano un ambizioso tentativo di contaminazione culturale tra tradizione e modernità con il progetto Fado Erratico. Stefano Gervasoni, brillante compositore contemporaneo, da tempo esplora e amplifica i terreni musicali contemporanei con suggestioni tratte dalla musica antica, l’elettronica e le tradizioni popolari.
In questo caso l’intento è quello di fare dialogare una delle musiche popolari più emozionali, il Fado portoghese, rappresentata dalle melodie senza tempo di Amalia Rodriguez, con le note dissonanti e astratte della composizione contemporanea di Gervasoni e le interferenze sintetiche della musica per computer dell’IRCAM, il famoso istituto francese di ricerca sonora che ha commissionato l’opera.
Sul palco il complesso intreccio sonoro viene interpretato da tre ensemble milanesi specializzate in musica contemporanea, accompagnate dalle manipolazioni live electronics dell’IRCAM. Il delicato intreccio si poggia su una delle voci più note del fado, la cantante Cristina Branco, una delle interpreti più fedeli e innovative della tradizione lusitana.
Il nome del progetto intende sottolineare l’intento di fare deviare le note del Fado verso una strada sconosciuta e forse azzardata, in quanto vuole accostare due mondi lontani per intenti e atmosfere, da una parte le più note canzoni del repertorio della grande Amália, intrise di note struggenti e melanconiche, le note atonali dell’ensemble strumentale, tra cui spiccano strumenti atipici come la fisarmonica, il cymbalon e il gamelan, e i suoni concreti e campionati. Le canzoni della Rodriguez nell’intento di Gervasoni non vengono toccate e - come dice l’autore stesso - “I fado sono attraversati e in qualche modo “ostacolati” dalla musica di tutt’altra matrice ripresa dai sonetti di Camoes, e l’elettronica interviene a moltiplicare questo gioco di rimandi e di allusioni fino a spingerlo oltre la musica, in un territorio naturalistico e iper-realistico (trasformazione di suoni tratti dal deserto della Namibia; morphing tra suoni di pioggia e passaggi musicali della partitura)”.
L’inizio del concerto è suggestivo, introdotto delle sonorità elettroniche, da voci e rumori ambientali, si accendono una ad una le luci dei leggii, partono le note dell’ensemble strumentale poi irrompe il fado, interpretato in maniera rigorosa e arricchito dall’arrangiamento cameristico, ma poi, nel corso della serata, si ha l’impressione che i tre mondi musicali, che dovrebbero dialogare armonicamente tra di loro, restino in realtà separati, semplicemente si intersecano ma non si toccano, non si fondono mai, per cui le dissonanze contemporanee poco si conciliano con le canzoni di Amalia, che restano rinchiuse in sé stesse, mentre si perdono quasi del tutto le interferenze elettroniche, che riappaiono solo alla fine, in un processo uguale e contrario all’inizio.
La voce della Branco è suggestiva e precisa nell’interpretazione, ma rimane un po’ piatta, priva di slanci creativi, mentre tutti gli esecutori strumentali sono perfetti nell’esprimere sia le note struggenti delle melodie sia le dissonanze contemporanee.
Insomma, una bella idea compositiva che forse per l’ardire degli accostamenti non è riuscita a realizzare pienamente il suo scopo.