Prosa
FAVOLA. C'ERA UNA VOLTA UNA BAMBINA, E DICO C'ERA PERCHE ORA NON C'E' PIU'

F come Favola.

F come Favola.

C'era una volta una bambina, e dico c'era perchè ora non c'è più.

I molteplici significati di questa frase (  contenuta nel "libro-femminario" E Lasciamole Cadere queste Stelle ) si sviluppano e ben si adattano nella piéce prodotta dal Teatro Franco Parenti di Milano.

Una Favola che favola non è, fin dal nome della sua protagonista, Mrs Fairytale, personaggio dall'apparenza perfetta, che vive una vita fuori dal (suo) tempo e spazio, pur restando fermamente ancorata alle mode e allo stile di vita degli anni '50, i suoi e quelli degli altri personaggi.

Mrs Fairytale non è più una bambina, anche se mantiene quell'atteggiamento scanzonato e positivo delle eterne ragazzine, sognanti e ottimiste in qualsiasi situazione;  la bambina in questione non c'è più anche perchè è stata costretta ( e lo sviluppo dello spettacolo ci concede di indagare nella sua storia personale solo nell'ultima parte ) a crescere in fretta e non solo: si è trasformata e continua il suo processo di trasformazione/riconscimento/acquisizione di un'identità propria anche da adulta, quando si affaccia la dualità uomo/donna che altro non è lo specchio del rapporto attore/personaggio; Filippo Timi en travestì porta, con leggerezza così come indossa gli splendidi abiti di Miu Miu, tematiche difficili da affrontare sul palco, sicuramente trattate e usurate dalla produzione cinematografica ( Almodovar, Ozpetek e Elia Kazan ) tornando indietro nel tempo di almeno 60 anni.

Filippo Timi è credibile, divertente, a suo agio persino nei panni - e sui tacchi - di una donna, in un non/prendersi sul serio che lo rende mattatore indiscusso; perfetto connubio con il personaggio instabile interpretato da Lucia Mascino, la migliore amica che risulta addirittura più ingenua di Fairytale, tradita dal marito di cui si sospetta l'omosessualità. Sulla scena con loro il giovane Luca Pignagnoli, nei panni dei 3 uomini/oggetto della pièce, figure secondarie che concedono una lieve pausa alle due donne sull'orlo di una crisi di nervi. Le figure maschili sono sempre in secondo piano, e non vediamo mai i corrispettivi partner delle due donne.

E, per ricordare che il teatro non è solo teatro, durante i cambi scena assistiamo a dei veri e propri spot degli anni'50, recuperati dall'archivio di Carosello, che rendono, ancora una volta, unico lo spettacolo.

Nell'epoca puritana, nella perfetta abitazione della classe borghese yankee, dai toni pastello che richiamano le classiche fiction e l'american dream, ecco che la Favola diventa Incubo; dal sogno di una vita perfetta con il marito Stan, al desiderio di maternità che presto viene meno per cause di forza maggiori, fino al bisogno estremo di nascondere l'ultima verità compiendo un delitto, assistiamo ad una serie di scene reali e surreali, i generi si mescolano, la commedia diventa un noir e addirittura un'opera di fantascienza.

La trama, che ad una prima occhiata potrebbe sembrare banale e già vista, è dosata con grande attenzione dal demiurgo Timi, attore/drammaturgo/regista, ed è infarcita di grandi omaggi a persone/fatti/film e opere che hanno fatto la storia; una chiara impronta quella HItchcockiana, dai rimandi visivi a Vertigo al tributo alla icona Grace Kelly ( l'abito di Timi rimanda a quello della protagonista di Rear window); il cambio di sessualità della protagonista ricorda l'Orlando di Virginia Woolf e i suoi adattamenti cinematografici.

Lo spettacolo sembra lasciarci dicendo: non dimenticatevi di sognare, e ricordatevi del vostro e nostro passato.

Visto il 21-01-2012
al Bellini di Napoli (NA)