Una vecchia fabbrica dismessa dalle volte altissime, fatta di mattoni e cemento armato, enormi pilastri, scale e strutture metalliche fa da sfondo alla dimessa quotidianità di Marzelline e Rocco, una routine fatta di pulizie, panni da stirare e turni di guardia.
Tutti intesi in pensieri privati inerenti il loro contesto familiare, i protagonisti di Fidelio non paiono accorgersi della desolazione che li circonda, nella quale invece il male, simboleggiato dalla figura di Pizarro, ben si insinua e si insedia, quasi fosse un’emanazione del grigiore opprimente dato dal contesto ambientale.
Efficaci la regia di Deborah Warner e le imponenti scene di Chloé Obolensky che nel secondo atto divengono ancor più tetre e tenebrose, rappresentando i sotterranei in cui l’abiezione umana tocca il suo vertice; meno convincente forse il finale glorioso, in cui la luce fende le tenebre, i fumi dovuti a crolli dei muri pervadono il palcoscenico e la gioia invade l’edificio, ormai aperto verso l’esterno, in un clima di generale esultanza sottolineato da una evitabile nevicata purificatrice.
Una direzione intensamente drammatica
La bacchetta di Myung-Whun Chung convince e seduce con la varietà di colori che sa mettere in luce, puntando sempre in modo efficace sull’elemento drammatico, il quale si stempera nei momenti maggiormente riflessivi e meditativi che proliferano all’interno di un’opera particolarmente complessa. I tempi sono moderatamente serrati, ma è la cura del dettaglio a fare la differenza con quel misto di delicatezza e tensione che esplode poi nell’inno finale alla libertà, grandioso, imponente, monumentale.
Un cast di buon livello
Ricarda Merbeth è una Leonore combattiva e risoluta, forse non troppo psicologicamente articolata; l’emissione è solida, sebbene inficiata da un leggero vibrato in acuto, l’intonazione precisa, l’interpretazione en travesti credibile. Stuart Skelton dal canto suo è un Florestan letteralmente prostrato dal dolore: la voce è generosa, la linea di canto corretta, ma l’esegesi del personaggio anche in questo caso forse perfettibile.
Ottimo il Rocco di Stephen Milling, solido in tutti i registri e dotato di uno strumento dal colore piacevolmente brunito, cui si accosta l’altrettanto valido ed elegante Don Pizarro di Luca Pisaroni adeguatamente crudele, sebbene senza eccessi.
Corretta e convincente la coppia Marzelline/Jacuino interpretata con brio da Eva Liebau e Martin Piskorski. Voce piena per il Don Fernanado di Martin Gantner. Eccellente per compattezza e tensione drammatica la prova del , ottimamente preparato come sempre da Bruno Casoni.
Spettacolo: Fidelio
Visto al Teatro alla Scala di Milano