Il teatro del non parlato. Quello difficile da guardare, da capire. Quello che si ritrova spesso fuori dai circuiti ufficiali, anche quando alternativi.
Entrare al teatrino del Cantiere, in una strada di Trastevere in rifacimento, per assistere alla performance di un attore solo, con l’unico accompagnamento di una ragazza al pianoforte, sembra dare adito a tutti i luoghi comuni che, appunto, separano il teatro, quello ufficiale, fatto di testo, costruzione del personaggio, mezzi tecnici e artistici, dalla performance “povera”, in cui l’attore è spesso solo, senza alcun ausilio, votato a un’esibizione estrema dei propri mezzi, mutilato in questo caso della propria stessa parola.
“Fleur” è dunque una performance di mimo, musica, poesia e recitazione condensate in un’ora. C’è il mimo in mezzo alla scena, vestita solo di qualche accessorio, tra cui una curiosa abitazione in miniatura, dietro le cui traballanti porte bianche si nasconde l’omino con il viso macchiato di bianco, quando non si vuole far vedere. C’è una misteriosa quanto provetta pianista, per lo più voltata di spalle, che di quando in quando offre qualche elusivo gesto, come annaffiare una rosa o aiutare un uccellino a prendere il volo. Ci sono tante piccole storie.
Però non bisogna chiedere troppo: non bisogna pretendere che l’omino clown parli. Non è il suo campo quello. E poi che bisogno c’è di parlare? Il corpo, la mimica, gli occhi sgranati, dallo sguardo ora interrogativo, ora smarrito, ora sognante, raccontano da soli tutto quello che c’è da sapere.
Anche perché, tutto sommato, più che le storielline del pulcino da crescere, di un viso di donna da corteggiare, di un baricentro da ritrovare a ogni passo, c’è soprattutto la poesia di un’arte ancora più antica di quella parlata: scienza rigorosa di gesti e significati. Un’arte, quella del mimo, che in questo caso strizza l’occhio alla musica, si fa guidare e sostenere dalla cascata di note cui corrispondono moti del corpo e dell’anima. Un’arte che fa a meno della parola perché la sublima nell’espressione del corpo stesso.
Tonino Scalia e Anna Laura Longo, professionisti appassionati, ognuno nel proprio settore, non offrono al pubblico uno spettacolo facile da vedere e capire: gli propongono forse una sfida, sicuramente un’occasione di entrare in una dimensione differente, lontana anni luce dalle comode poltrone rosse di un teatro ufficiale ad applaudire nomi di giro.
Roma, Teatro Il Cantiere
13 marzo 2008
Visto il
al
Il Centrale Live
di Roma
(RM)