Prosa
GLI ANGELI DELLO STERMINIO

L’ impossibile Apocalissi di Milano a teatro. Riadattare Testori è un'ardua impresa

L’ impossibile Apocalissi di Milano a teatro. Riadattare Testori è un'ardua impresa

La vita e le opere di Giovanni Testori iniziano e finiscono a Milano. La Milano del 1992, anno in cui vede la luce l’opera Gli angeli dello sterminio, è però molto diversa da quella degli Anni Cinquanta, in cui i capolavori della raccolta I segreti di Milano parlano della città ancora un po’ romantica. Violenza, mancanza di pietà e di personalità sono invece le caratteristiche principali del testo che Renzo Martinelli sceglie di mettere in scena.

Una Milano contemporanea?
Forse ormai (ma è tutto da dimostrare) la metropoli milanese che conosciamo ha perso tutto il fascino delle opere del primo Testori. Dunque forse merita, oggi, di essere ancora una volta dipinta secondo la sferzante descrizione che riceve all’inizio degli Anni Novanta nell’opera Gli angeli dello sterminio. Nella descrizione di questa città il regista sceglie di non scostarsi dalla violenza delle parole. Pertanto il bianco assoluto, sordo, che domina la scena in questa versione teatrale non fa altro che dare potentemente risalto al colore purpureo dello sterminio.

L’Apocalissi di Milano, come portarla in teatro?
Il testo originale non è pensato per essere rappresentato in teatro; è un testo complesso, carico di immagini chiare come di pure suggestioni. Per quanto riguarda la drammaturgia, viene fatta la scelta di privilegiare suggestioni, più che immagini nitide, e di mettere sulla bocca dei tre attori in scena il racconto di ciò che avviene nel momento della catastrofe. Frammenti di una specie di cronaca nera si susseguono vorticosamente, sebbene sulla scena non si veda nulla. L’espressionismo della lingua dell’autore fa sì che le immagini nascano e si sviluppino solo grazie all’occhio interiore degli spettatori: l’immaginazione.

Un linguaggio criptico
Bisogna ammetterlo: per chi arriva a teatro per vedere questo adattamento teatrale degli Angeli dello sterminio digiuno del testo in prosa, è piuttosto complesso seguire il codice scelto per la rappresentazione. Si ha l’impressione che accedere al linguaggio proposto sia un’impresa al di fuori delle proprie capacità. È chiaro che il regista non si accontenta, giustamente, di quello che ci ha già consegnato Testori, ma rischia di sfuggire la direzione che vuole prendere questo adattamento: si parla dell’incapacità umana di cogliere il tutto e il senso delle vicende? Così si spiegano metateatro e frammenti. Forse; in parte, magari. O magari una città, un mondo senza più un’anima: la mancanza di una causa identificabile dello sterminio, gli angeli devastatori e crudeli senza volto, il crollo del potere spirituale (il Duomo) e di quello temporale (il Castello)? Difficile dirlo, ma è meglio così: la morale spiegata non interessa nessuno.

Visto il 11-05-2017
al Teatro i di Milano (MI)