Gocce d’amore è un’opera di Beatrice Aiello, autrice e attrice romana ed in questo caso protagonista, insieme ad altre interpreti, dello spettacolo in scena al Fringe festival il 10, 12 e 13 luglio.
Si tratta di una rappresentazione corale, incentrata su quattro donne che, in modi diversi, vivono il dramma della violenza domestica, dell’egoismo di uomini che scaricano su di loro insicurezze e frustrazioni.
Da un primo ambiente asettico, in cui le protagoniste si incontrano e, quasi per caso, si conoscono, si scambiano paure e nevrosi, malattie psicosomatiche, fastidi cronici ed inspiegabili, entriamo nell’intimità di ognuna di loro, con la realizzazione di scene separate che ci permettono di conoscere una alla volta le profonde ferite e negazioni che le segnano. Ogni storia sembra già vista, palese fin dall’origine, perché dall’esterno è forse più facile riconoscere le situazioni di violenza, ma in realtà i legami tra un uomo e una donna spesso superano le semplici distinzioni, il bianco e il nero, rendendo difficile la fuga, la possibilità di difendersi e salvarsi. È l’amore che tiene legate le quattro giovani donne ai loro compagni, è la fragilità che impedisce l’emancipazione, l’orgoglio che impedisce di chiedere aiuto.
Insieme a Beatrice Aiello, in scena Camilla Bianchini, Giovanna Cappuccio, Maddalena Carvaggi: tutte molto giovani e molto attraenti, con il difetto, forse, della poca esperienza. L’argomento è importante e difficile, la sofferenza non è facile da raccontare ed ancor meno il bagaglio di umiliazione, paura, sudditanza psicologica che porta con sé. Con loro in scena anche due giovani attori, Claudio Boschi e Riccardo Petrozzi, che svolgono diligentemente il loro lavoro, senza guizzi.
L’impresa è ambiziosa ma, nonostante l’impegno, non riesce a coinvolgere del tutto lo spettatore; i sentimenti dei personaggi arrivano solo “recitati”, non se ne percepisce profonda la veridicità.
Gli attori, tra l’altro, non sono stati aiutati dai mezzi tecnici: per tutta la durata dello spettacolo alcuni microfoni non hanno funzionato, il proiettore ha creato problemi e non è stato ben inserito negli spazi scenografici.
L’ambientazione è affidata completamente agli attrezzi e al movimento degli attori in scena, con cubi-contenitori e cambi scena a vista.
Sicuramente molto apprezzabile e da premiare l’intento di parlare e sensibilizzare sul tema della violenza domestica contro le donne, ma obiettivo non del tutto raggiunto a livello emotivo.