Prosa
HEYMAN! LA FINTA PAZZA ANDATA E RITORNO

Heyman! What a pity

Heyman! What a pity

Heyman! È uno spettacolo prodotto da Santibriganti Teatro e Kataplixi per la regia di Mauro Piombo, con il contributo della Città di Torino, della Provincia di Torino , con il sostegno di Sistema Teatro Torino e Provincia e con il contributo della Città di Settimo Torinese – FondazionECM . Encomiabile che tutta questa macchina burocratico/produttiva abbiamo alimentato un progetto che vede come protagonisti cinque attori giovanissimi: Agla Germanà, Anna Montalenti, Carol Rocha, Francesco Gargiulo, Marco Intraia . Altrettanto encomiabile è il nuovo programma del Teatro Civico Garybaldi di Settimo, che ora si fregia di una sede nuova di zecca.

Lo spettacolo in questione cerca di trovare una sintesi tra linguaggio moderno e storia antica. Molto interessante la ricerca dei nuovi archetipi congelati nelle cinque bellissime maschere realizzate da Franco Leita, ed animate con una fisicità potente e precisa. L'ouverture di Heyman! è la parte migliore dello spettacolo: le immagini dense provocate dagli attori in maschera, la danza rituale accompagnata da partiture vocali ritmiche, slang e neologismi, un'apertura che lascia ben sperare.

I primi quadri tracciano un contesto e presentano i personaggi utilizzando, oltre alla parola maciullata, mischiata, sintesi di mille lingue e culture, metafore visive, quadri che parlano da soli. Poi la storia dei quattro innamorati viene violentemente fuori e le promesse iniziali vengono svilite dal tritissimo canovaccio della finta pazzia: lei e lui si amano ma lei è obbligata dal padre ad andare in sposa ad un vecchio...e cosi via.

Dalle prime battute si evince una ricerca che punta alla rappresentazione della realtà pseudo moderna: suoni, voci, musiche, corpi costruiscono l'atmosfera urbana del branco, l'autismo di internet, gerarchie e riti, noia e ignoranza, violenza ed energia. Poche parole, mischiate in uno slang poco comprensibile ma efficace perchè sostenuto dalla precisione del contesto ricreato, delle relazioni tra i tipi.

Quando questo linguaggio viene utilizzato per raccontare una storia in senso tradizionale ecco che qualcosa non funziona più: lo slang fatica a stare dietro alla narrazione lasciando il pubblico sempre un passo indietro, la musica, poi, viene utilizzata in maniera superficiale; fatto strano in uno spettacolo di commedia dell'arte dove sarebbe stato molto più interessante approfondire quella musicalità che gli attori ci avevano fatto assaggiare - fatta di slang, rumori di strada e tastiere - piuttosto che il solito requiem mozartiano all'entrata della morte: che peccato! Verrebbe da dire che una musica così importante non può essere utilizzata come una canzonetta, sparata addosso al pubblico senza un minimo di accortezza diventa rumore assordante. Il ritmo cala vertiginosamente quando ci si perde in rappresentazioni poco riuscite del mondo giovane, come per esempio la poco gradevole guerra freestyle tra donzelle.

Non è in discussione la bontà dello staff artistico, ma resta nebuloso l'obiettivo dell'operazione.

Visto il 26-10-2012