Otto giovani alle prese con gli esami, le lezioni di storia e la loro crescita: si tratta di formazione in piena regola. The History Boys è una commedia dai mille interrogativi, che ieri sera ha tenuto il folto pubblico del Teatro Comunale di Carpi inchiodato alle sedie per più di tre ore. È stata scritta nel 2004 da Alan Bennett, mentre la versione italiana ha avuto origine due anni fa per opera di Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani. Nonostante i nomi dei protagonisti siano rimasti invariati, si può sicuramente dire che il contenuto humour inglese sia stato stemperato dall’accattivante vis comica italiana, per cui le battute, pronunciate con i giusti tempi e mimica, suscitano spesso ilarità (senza però indurre alla risata grossolana). D’altronde, quando si affronta il tema della vita, un pizzico d’ironia non guasta mai.
Il protagonista è il professor Hector - interpretato dall’eccezionale Elio De Capitani – personaggio anticonvenzionale e anticonformista, che forgia le menti aperte dei suoi ragazzi con il pensiero libero, spingendoli all’amore per il sapere, quello privo di nozionismo. Insieme a lui l’insegnante di storia Mrs. Lintott, più ligia ai dettami della didattica, a cui si affianca un professore della sua stessa materia, il giovane Irwin, che invece ama spostare l’attenzione sul punto di vista originale con cui si possono guardare i fatti storici, a rischio e pericolo della verità. Ostile a tutti e tre è il Preside (senza nome, in quanto “genere universale”), che segue soltanto il sogno utilitaristico del prestigio della scuola, e poco sopporta le “originalità”. Infine ci sono loro, gli studenti, anime pure (ancora), intelletti vergini che, attenti e curiosi, assorbono le lezioni di vita e di pensiero con ragione critica e spirito dissacrante. Altri temi si aggiungono a questi e vengono osservati da più angolazioni, come quello dell’omosessualità, dei vizi e delle virtù umane. Tanti argomenti, quindi, incasellati in discorsi che richiedono l’attenzione continua dello spettatore, per questo oltre che agli attori il plauso va anche a chi ha composto la regia, rendendo agevole un testo ricco di citazioni, non sempre facili da afferrare.
Questo piccolo cosmo popola una scena allestita come fosse una classe, con tavoli, lavagne, armadietti e numerose sedie che, spostate di continuo da una parte all’altra del palco, formano ogni volta ambienti che caratterizzano la situazione e predispongono lo spazio recitativo degli attori. Una menzione particolare va fatta per i bravissimi “studenti” che passano dalla declamazione di poesie, alle caricature di scene di film, all’intonare canzoni – con tanto di musica dal vivo e mosse in stile musical – con apparente semplicità d’interpretazione.
E dopo tante risa e riflessioni si giunge al tragico epilogo: la sedia vuota di Hector testimonia la sua assenza. Tutti si riuniscono nel momento del commovente addio all’uomo, ma soprattutto al suo modo d’insegnare, troppo creativo e quindi destinato a perire in una società sempre più affarista e lontana dalle profondità della poesia.