Il teatro Municipale di Piacenza, nell’ambito delle celebrazioni per Piacenza Primogenita nel 150° anniversario dell’unità d’Italia, mette in scena I lombardi alla prima crociata in una collaborazione tra la Fondazione Teatri di Piacenza, gli Amici della Lirica, l’accademia di danza "Domenichino da Piacenza" e Ofi. I lombardi rientrano nelle produzioni cosiddette patriottiche di Verdi ed è per questo è stata scelta. Piacenza, in merito, ricopre un significato molto forte nella storia patria, è infatti la prima città ad aderire, il 10 maggio 1848, all’annessione al Piemonte; il re Carlo Alberto l’ha insignita, perciò, del meritato titolo di Primogenita.
L’allestimento odierno è una ripresa di quello del 1995, realizzato in occasione del millenario della prima crociata, la cui idea nacque proprio a Piacenza, durante il Concilio indetto da papa Urbano II.
Doppio evento, quindi, per la programmazione dell'opera in cartellone.
La produzione Lombardi, per la regia da Alessandro Bertolotti coadiuvato dallo scenografo e costumista Artemio Cabassi, ha voluto nella sua essenzialità ricordare anche questo particolare di storia locale, unitamente al tema politico racchiuso dall’opera, senza trascurare la storia intima dei personaggi. Spiega Bertolotti: “La vicenda storica offre non pochi spunti di attualità, come la riflessione riguardo all’unione tra i popoli. Ce lo ricorda la vicenda sentimentale di una ragazza cristiana, Giselda, che s’innamora di un musulmano”. La regia appare tradizionale, anche se un po’ statica in certi momenti; si pone l’accento, molto discretamente, sui significati fin troppo scontati dell’opera: scontro tra civiltà, modalità di vita diverse, guerre religiose ecc. Questo pacato estremismo rende il tutto gradevole e permette di concentrare l’attenzione sulla bellezza della musica e su altri significati, spesso dimenticati, di quest’opera: il tormento del parricida e l’amore contrastato dei due giovani. Decisamente una regia che permette di apprezzare il giovane Verdi in tutto il suo slancio romanticamente e celatamente patriottico.
Anche le scene seguono con cura questo filone, dando però all’opera uno slancio di attualità. L’impianto scenico è fatto da una struttura fissa, in cui pochissimi attrezzi caratterizzano i diversi luoghi, ma ciò che maggiormente incide, rendendo l’effetto, è l’utilizzo di proiezioni e filmati, mezzi che, oltre ad avere una incidenza minore sui costi, permettono di avere effetti emozionanti seppure non nuovi. Cabassi ha dato prova di cura e raffinatezza scenica. Un po’ meno possiamo dire per i costumi di un improbabile medioevo che, pur rendendo appieno i personaggi, stridevano con la raffinatezza delle scene.
Cast giovane ed molto eterogeneo per capacità ed esito. Il tenore Alessandro Fantoni, nel ruolo di Arvino, ha dimostrato una discreta padronanza del ruolo e una generale correttezza vocale e timbrica; la voce è apparsa però tendente al chiuso e non sempre gli acuti sfumati. Il basso Andrea Patucelli, in Pagano, è stata senza dubbio la migliore voce della serata; oltre a dimostrare di essere pienamente nel ruolo, ha dato veramente una prova vocale eccellente; la sua è una voce calda, corposa e penetrante; ha dato vita a momenti di vero pathos, apprezzati particolarmente dal pubblico. Il soprano bulgaro Stefanna Kybalova è stata una discussa Giselda: il ruolo è risultato credibile e di ottima presenza scenica; la voce è pulita, potente, ma troppo spesso gli acuti risultano sguaiati e metallici. Il tenore Ivan Magrì, nel ruolo di Oronte, ha una voce possente, intensa e corposa, di bel colore e veramente gradevole, un gran dono di natura, purtroppo è da regolare negli acuti che spesso sono troppo roboanti e glissati. Il basso Davide Baronchelli ha ricoperto il ruolo di Pirro con una prova dignitosa. Buona riuscita e bella voce per Stefania Ferrari in Viclinda, Daniele Cusani in Acciano e Francesca Paiola Arena in Sofia (voce molto corretta ma spesso coperta dalla musica). Tra i comprimari merita menzione la voce di Matteo Monni nel Priore di S. Ambrogio.
Gioele Muglialdo ha diretto l’Orchestra Filarmonica Italiana. Contestato dal pubblico piacentino, il maestro ha dato una buona interpretazione dell’opera con momenti di intenso e denso lirismo, ha però faticato nel tenere compatta l’orchestra e in certi punti ha preso un accento troppo bandistico.
Ottima la prova del coro del teatro Municipale di Piacenza, diretto dal maestro Corrado Casati in un'opera in cui l'apporto corale è fondamentale; giustamente bissato Oh Signore dal tetto natìo.
Rappresentare Verdi a Piacenza è come giocare in casa. I piacentini sentono Verdi come uno di loro e il loggione del Municipale non ha nulla da invidiare a quello del Regio di Parma; forse per questo si esige molto da cantanti, direttori e registi; forse è per questo che vi sono state diverse contestazioni, stemperate con l’entusiasmo del pubblico del teatro gremito per l’occasione.